La rocca di Maiolo: un tesoro immerso nell’entroterra riminese

Situata a quaranta chilometri dal mare, immersa nella valle del fiume Marecchia, si trova la rupe di Maiolo, alla cui sommità sono presenti i resti dell’antica rocca. Il territorio dell’entroterra riminese presenta una conformazione geologica e geomorfologica particolare: i terreni sono prevalentemente argillosi e nella valle sono presenti numerosi rilievi di piccole e medie dimensioni. Tra questi appunto vi è quello di Maiolo, il quale è formato nella sua parte più alta dalle arenarie e dai conglomerati del Pliocene Inferiore, mentre nella parte bassa da Argille Varicolori della colata della Valmarecchia.

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La rocca di Maiolo

L’origine della parola Majolum è classica ma il suo significato non è certo: si pensa possa derivare dal comparativo maior/maius, ma che possa avere anche significati legati a insediamenti antichi non ancora conosciuti. Non esistono documentazioni storiche che attestino con precisione l’anno di costruzione del castrum e della rocca.
Oggigiorno capita spesso di sentir parlare indistintamente di rocca di Maiolo o di Maioletto quando in realtà fonti documentarie dimostrano che sino agli inizi del XIV secolo figuravano come due distinti castelli, fino a quando Maiolo incorporò quest’ultimo. Entrambi di proprietà di Donato di Gubbio, furono ceduti a Faggiola di Casteldelci alla fine del XIII secolo e rimasero un suo dominio fino alla metà del 1300. Successivamente la proprietà passò al vescovo di Montefeltro e un documento dell’epoca ne descrive le caratteristiche:

Il castello di Maiolo sta sopra un altissimo scoglio, circondato da grandi rupi: sulla vetta c’è una rocca fortissima, alle pendici i borghi. Vi fa stanza alla difesa un castellano per il vescovo di Montefeltro, e vi tiene residenza il suo vicario, che amministra la giustizia criminale e civile agli uomini del territorio. Il luogo sta sopra il fiume Marecchia, non lontano dalla strada per la quale si va in Toscana, e ha 48 fuochi[1].

In seguito ad accesi scontri, nella prima metà del XV secolo, il dominio del castello passò dai Montefeltro ai Malatesta di Rimini. Successivamente l’egemonia del borgo fu conquistata dai duchi di Urbino che lo inglobarono all’interno del loro ducato.
Nel ‘500 Maiolo figurava come uno dei sistemi fortificati più rilevanti del Montefeltro e qui si insediava una delle più rinomate milizie militari, grazie alla quale si ottenne un notevole sviluppo dell’economia locale. Tale crescita si arrestò con l’instaurarsi di una lunga fase di pace, tra l’ultimo periodo ducale e quello dello stato pontificio: è per tale ragione, oltre che a causa della frana che colpì Maiolo nel maggio del 1700, che iniziò il declino della città. Legata al tragico evento è la leggenda del “ballo angelico”. Questa narra della consuetudine di alcuni abitanti di Maiolo a partecipare a feste notturne, nelle quali era costume ballare e cantare nudi nelle stanze del castello. Una notte però apparve ai partecipanti un angelo che li avvertì che se questo rituale non fosse cessato avrebbero scatenato l’ira divina, causando un terribile danno per la città. Non curanti dell’ammonimento angelico i festeggiamenti proseguirono causando la formazione di un fulmine che spaccò il monte, distruggendo la rocca e il borgo [2].
Un secolo più tardi, nelle mappe napoleoniche non vi era alcuna testimonianza della rocca e dei pochi edifici rimasti. Questo era frutto della mancanza di interesse rispetto a questo complesso, che si è sviluppata a partire dal 1800 e che si è protratta sino ad oggi.

Qualche mese fa ho avuto l’occasione di percorre uno dei due itinerari che conduce alla rocca di Maiolo insieme al mio compagno di avventure Andrea ed è stata una bellissima esperienza. Qui di seguito vi riporto le tappe fondamentali sperando di invogliarvi a compiere quest’avventura.

Raggiunto il borgo di Maiolo, in località Sant’Apollinare, ha inizio il percorso pedonale per raggiungere l’antica rocca. È facile sin da subito scorgere in lontananza la rupe alla cui sommità sono presenti i resti del fortilizio.

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Lungo il tragitto si notano i segni dei continui movimenti franosi e a lato del sentiero sono evidenti i calanchi, che rendono il paesaggio unico e spettacolare. Avvicinandosi alla rupe è possibile scorgere un cippo che, oltre ad uno stemma comunale e una riproduzione stilizzata dell’antico maniero, descrive brevemente ciò che accadde il 30 maggio 1700 quando una frana travolse il borgo e uccise gran parte delle persone.

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In prossimità della rupe si scorge la presenza di uno dei pochi edifici rimasti intatti dopo la rovinosa frana del XVIII secolo: la chiesetta di San Rocco. Al suo interno è conservato un affresco del 1500 raffigurante la Madonna con bambino ma sfortunatamente non è possibile accedere alla struttura. Questo luogo rappresenta il punto di incontro per numerosi scalatori.

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A questo punto l’itinerario prosegue all’interno della parte boscata, fiancheggiando enormi massi di roccia e non molto distante dalla chiesa, per poter proseguire, è necessario l’ausilio di una scala. Una volta saliti si scorgono alcuni resti del vecchio borgo travolto dalla frana. Di qui il sentiero si fa ripido e complesso ed è necessario l’ausilio di corde per poter raggiungere la sommità della rupe dove è conservata la rocca. Una volta giunti in vetta, passando attraverso il torrione 1, è possibile entrare dentro il fortilizio.
Il panorama è mozzafiato: da un lato San Leo con la sua rocca, dall’altro Novafeltria e infine gli imponenti calanchi tipici di questa zona franosa.

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[1] V. Dini, La fame in testa – Studi Montefeltriani, 1999

[2] Comune di Maiolo – http://www.comune.maiolo.rn.it/

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