Rifugio XII Apostoli: un trekking nel Parco Adamello Brenta

Ciao trekking lovers, avete già programmato le vacanze per questa estate? Se ancora non avete deciso la vostra meta, e siete amanti del trekking e della natura, quella che sto per descrivere è la destinazione giusta per voi.

Di quale meraviglia sto parlando? Del Parco Naturale Adamello Brenta: lo conoscete già?

Parco Naturale Adamello Brenta: un po’ di storia

Il Parco Naturale Adamello Brenta venne istituito nel 1967 ed è oggi la più ampia area protetta del Trentino: comprende i gruppi montuosi dell’Adamello e del Brenta. Quest’area gode di una ricchezza faunistica straordinaria: l’animale simbolo del Parco è l’orso bruno, in passato giunto quasi all’estinzione e oggi in espansione grazie ad un apposito intervento di reintroduzione. Entrando nel parco è impossibile non rimanere conquistati dalla bellezza dei paesaggi incontaminati che caratterizzano questo territorio.
Nel periodo estivo le attività che si possono svolgere sono innumerevoli: escursioni guidate o in solitaria, visite a mostre locali, ai paesini o alle malghe, custodi delle tradizioni culturali ed enogastronomiche di questa parte di Trentino.

Come raggiungere il Rifugio XII Apostoli

Se volete trascorrere un weekend alla scoperta dei sentieri del Parco Adamello Brenta questo è il momento giusto per farlo.

Noi abbiamo deciso di seguire un sentiero impegnativo ma altrettanto spettacolare: il percorso che dalla malga Movlina conduce al Rifugio XII Apostoli. Il trekking è lungo e intenso perciò consiglio di percorrerlo soltanto a persone che hanno un buon allenamento.

Per compiere questa nostra ennesima avventura abbiamo deciso di soggiornare all’albergo Brenta situato proprio all’interno del Parco, nella Val d’Algone. E’ qui che si trova il varco che permette alle auto di salire in quota, raggiungendo il parcheggio vicino la malga Movlina (il sabato e i giorni festivi è previsto il pagamento di un piccolo pedaggio per l’accesso all’area).
I più temerari iniziano il sentiero dall’Albergo Brenta arrivando in cima dopo ben 5 ore di cammino.
Noi abbiamo deciso di percorrere i primi 4 km il giorno del nostro arrivo in Trentino (venerdì pomeriggio) in modo da allenare un po’ le gambe, lasciando così la parte più difficile e lunga per il giorno successivo (sabato). Questa parte di sentiero non presenta particolari difficoltà ed è per la maggior parte immerso nel bosco. Lungo il sentiero vi imbatterete nella malga Nambi dove potrete assaggiare il loro yogurt e i prodotti tipici del territorio. Purtroppo quando siamo passati noi era chiusa.

Il sabato dopo colazione, all’incirca verso le 8.15, partiamo in macchina e ci dirigiamo al parcheggio nei pressi della Malga Movlina (mt 1786). Per raggiungerlo abbiamo impiegato più di 20 minuti, nonostante la distanza fosse poca: la strada è stretta e soltanto in alcuni punti asfaltata.

Da qui inizia il percorso che ci condurrà al rifugio XII Apostoli (sentiero CAI n.354). Il primo tratto è sterrato e in 5 minuti si raggiunge la malga Movlina dove troverete mucche, cavalli e capre al pascolo: qui si può godere di una vista mozzafiato sulla Presanella e sul Brenta. Si prosegue all’interno del bosco: in questo tratto il sentiero non presenta particolari difficoltà. Dopo circa 35 minuti di cammino, con diversi saliscendi, potremmo ammirare sulla sinistra il lago di Valagola.


Proseguendo si arriva a Pian De Nardis (1822mt): una piana sovrastata dalle imponenti Dolomiti di Brenta. Qui si imbocca il sentiero CAI n. 307 in direzione Rif. XII Apostoli: ci rimane la parte più dura del percorso, con ben 600 metri di dislivello. Se si guarda bene in alto, proprio davanti a noi, si può scorgere il rifugio: sembra quasi impossibile che ci sia un sentiero per raggiungerlo.

Sentiero Rif. XII Apostoli – Plan De Nardis

Seguiamo il percorso e iniziamo a salire tra massi e rocce, sempre più ripidamente. Il sentiero sale velocemente di quota e passa attraverso un tratto attrezzato, chiamato Scala Santa: qui, come in altri punti, troverete un cordino di ferro che facilita la salita. Vi invito a fare molta attenzione in questi tratti che sono più esposti.
Proseguendo ci si trova davanti ad un’immensa distesa di ghiaia che ci accompagnerà per gli ultimi chilometri del percorso. La fatica è tanta ma viene ricompensata dalla spettacolare vista. A pochi passi dall’arrivo addirittura sono ancora presenti residui di neve.

Dopo circa 3.30 ore finalmente arriviamo al rifugio XII Apostoli (2487 mt): un vero spettacolo! Le gambe sono stanche, il sole picchia ma l’emozione di trovarsi in cima compensa tutta la fatica fatta fino a quel momento.
Panino e birra fresca sono il tocca sana per riprendersi dopo il lungo cammino. Non lontano da noi scorgiamo una chiesetta dedicata ai caduti della montagna: un’opera d’arte incastonata nella roccia.

Purtroppo è già ora di rimettersi in marcia, il ritorno sarà più veloce ma richiede comunque molta attenzione. Potrete decidere di ripercorrere lo stesso sentiero o effettuare il giro ad anello optando per il n. 341. Il proprietario del rifugio ci consiglia di scendere dallo stesso percorso e noi gli diamo retta: “mai lasciare la strada vecchia per quella nuova” dice lui.
In realtà poi abbiamo scoperto che l’altro sentiero sarebbe stato leggermente più lungo ma più semplice: peccato, sarà per la prossima volta!

PS: ricordatevi assolutamente di portare con voi la crema solare, altrimenti rischierete una bella scottatura come la sottoscritta che se l’è dimenticata al rifugio 🙂

Sentieri CAI n. 354 – 307

Località di partenza Parcheggio Malga Movlina (1786 mt)
Località di arrivoRifugio XII Apostoli (2487 mt)
Lunghezza anello14 km
DifficoltàEE
Tempo complessivo (pause escluse)6 / 6.30 ore

Patagonia Express

Un viaggio ai confini del mondo, là dove il tempo si è fermato.
Un viaggio alla scoperta di usanze e tradizioni, miti e leggende.
Un viaggio tra città che vivono di ricordi e di piccoli gesti quotidiani.
La Patagonia vista con gli occhi di Luis Sepúlveda.
Un diario di viaggio che immortala l’anima di questa regione e delle sue genti attraverso gli appunti presi su una moleskine regalata dall’amico Bruce Chatwin.

Era un mezzogiorno d’inverno a Barcellona quando i due si fecero una promessa: un giorno avrebbero fatto insieme un viaggio in Patagonia. Un sogno però destinato ad infrangersi. Sepúlveda ottenne il permesso di ritornare in Cile troppo tardi. Chatwin “aveva già intrapreso un viaggio inevitabile, un lungo viaggio attraverso montagne e mari infiniti“. Ma si sa, gli impegni presi con gli amici sono sacri. E così Sepulveda decise di partire per la “fine del mondo“.

Un libro breve fatto di pensieri, riflessioni e leggende: un balzo nel cuore di “una regione così vasta e colma di avventure che non può essere toccata dalla meschina frontiera che separa la vita dalla morte“. Un libro fatto di sensazioni e attimi vissuti a stretto contatto con le persone che da una vita abitano quei territori: Ladislao allevatore di bestiame, Jorge Dìaz la voce della libertà della Patagonia, Carlos E Basta l’amico di una vita, Klaus Kucimavic il Premio Nobel alternativo per la fisica, vecchio nazista che aveva scoperto un foro nella cappa dell’ozono, l’emozionante incontro con lo scrittore Francisco Coloane e tanti, tanti altri ancora.

E’ impossibile non innamorarsi di questa terra.
Sepúlveda con Patagonia Express incuriosisce il lettore, creando il desiderio di visitare, seppur virtualmente, questa parte sperduta di mondo. A ogni pagina, per ogni luogo descritto, nasceva in me la voglia di approfondire la conoscenza di questi luoghi, così fisicamente lontani ma al tempo stesso vicini alla mia voglia di viaggiare e di scoprire.

Se siete dei sognatori, amanti della natura e delle terre incontaminate, questo è il libro per voi! 🙂

Trekking al Monte Carpegna

E’ sul Carpegna che ho preparato tante mie vittorie…Il Carpegna mi basta.

Una frase, pronunciata dal campione Marco Pantani, che ci ha spronato ad affrontare le salite del monte Carpegna: non come lui, in sella alla bicicletta, ma a piedi, lungo i sentieri di questa stupenda montagna.

Siamo nel Montefeltro, immersi nel Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, territorio di grande bellezza. Qui si trova Carpegna, terra di santi e di condottieri, che con l’omonimo monte domina l’intera valle.

Punto di partenza dell’escursione è la frazione San Pietro, nei pressi di una chiesetta, dove troverete a pochi passi da voi una cartina del parco e i segnavia CAI. Percorreremo il sentiero 101 che collega il paese di Carpegna con l’Eremo di Monte Carpegna, attraversando un’ampia zona boscata ed il panoramico Passo del Trabocchino.

Il primo tratto del percorso è piuttosto semplice. Si parte camminando su una piccola via circondata da recinzioni per poi inoltrarsi, dopo qualche centinaio di metri, all’interno del bosco. In questo tratto la salita presenta pendenze contenute e il sentiero è ben segnalato.

Dopo circa 45 minuti si raggiunge la strada asfaltata che conduce al Cippo: cammineremo su un breve tratto della salita che Pantani percorreva durante i suoi allenamenti in Carpegna. Giunti al Cippo troverete un’area di sosta con un chiosco-bar e un campeggio.

Passato il rifugio del Corpo Forestale dello Stato, termina la strada asfaltata e ricomincia il sentiero all’interno del bosco (è necessario oltrepassare una catenella). Man mano che si prosegue il percorso si stringe e la salita diventa più ripida e faticosa: questo sarà il momento più duro dell’ascesa. Nel tratto finale il bosco si dirada e lascia intravedere le prime rocce che caratterizzano la parte più alta del versante.

Di lì a poco si raggiunge lo spettacolare Passo del Trabocchino. Tutta la fatica che avete fatto verrà ripagata dalla vista panoramica che vi attende in cima: in primo piano l’Eremo di Monte Carpegna, sullo sfondo i rilievi di Montecopiolo e di San Marino e la costa adriatica.
Alle vostre spalle invece i sassi Simone e Simoncello, la dorsale dell’Alpe della Luna e i rilievi del Nerone e del Catria.

Il sentiero 101 prosegue dritto attraverso l’ampio prato, scendendo fino all’Eremo dedicato alla Madonna del Faggio nei pressi del quale sono presenti una fontana e un rifugio attrezzato, attivo nei mesi invernali.

Prima di percorrere la strada del ritorno stendetevi sul prato ad ammirare il panorama che vi circonda: godetevi appieno questi momenti perchè sono davvero unici!


Sentiero CAI 101

ComprensorioMonte Carpegna
Località di partenzaFraz. San Pietro, Carpegna
Località di arrivoEremo M. Carpegna
Lunghezza anello11 km
DifficoltàE
Tempo complessivo (pause escluse)2 h 45 min – 3h

Trekking alla sorgente del fiume Marecchia

Immaginatevi un sabato pomeriggio di luglio. Tutti sono a mollo al mare o in piscina. Tranne noi. 🙂

E’ un po’ di giorni che ci solletica l’idea di scoprire la sorgente del fiume Marecchia. Per organizzare l’escursione prendiamo spunto da un vecchio libro comprato da Andrea (Pianeta Valmarecchia di Amedeo Montemaggi) e dal sito del Cai.

QUALCHE CENNO STORICO

Il fiume Marecchia, chiamato dai romani Ariminus, ha tre diverse sorgenti situate in località Forconaia del Monte Castagnolo, che fa parte del crinale del monte della Zucca. Fin dall’epoca più antica la Valle del Marecchia rappresentava un’importante via di comunicazione tra la costa adriatica e quella tirrenica. Pensate che la sua foce, che si trova a Rimini, già nel IX secolo a.C. offriva un approdo ai naviganti greci che commerciavano con i Villanoviani di Verucchio. Un fiume mica da poco! 😉
Prima parte del percorso

Il sentiero per raggiungere la sorgente del Marecchia parte dalla località Pratieghi, frazione di Badia Tedalda, e prosegue tra calanchi, campi, siepi e lembi di bosco, da cui si aprono spettacolari vedute sui Monti Fumaiolo e Aquilone, sull’alta valle del Tevere e sui vicini rilievi del Poggio tre Vescovi e Monte della Zucca. Nell’ultimo tratto il sentiero si immerge in una faggeta che risale il corso del fiume sino alla sua sorgente.

Sorgente del fiume Marecchia

Il percorso non presenta particolari difficoltà tecniche: basta avere una minima preparazione fisica e il gioco è fatto. Per completare l’intero anello calcolate all’incirca 1 ora e 45 minuti. Sono certa che rimarrete completamente affascinati dal paesaggio che incontrerete lungo il cammino: calanchi di grigia arenaria, boschi di faggi. Al calar del sole tutto diventa più magico.
L’unica pecca sono i segnavia CAI. In alcuni tratti non è assolutamente chiaro in che direzione proseguire. Addirittura abbiamo trovato segnali che indicavano la strada opposta rispetto a quella che si sarebbe dovuta percorrere.

Ma non è finita qui! Proseguendo lungo l’itinerario 00 si ha la possibilità di percorrere un tratto di linea gotica, ammirando i resti delle postazioni tedesche sul crinale del Monte Zucca. La prossima volta, partendo con maggiore anticipo, andremo sicuramente a scoprire anche questa bellissima parte di sentiero. Non vediamo l’ora!

La vista dai calanchi di arenaria



L’abc dell’attrezzatura per il trekking

Oggi parliamo di attrezzatura per il trekking: quanto ne sapete?

Mi capita molto spesso di incontrare lungo sentieri più o meno complessi persone con abbigliamento e attrezzatura completamente inadeguati per fare trekking: scarpe da tennis, calzoncini di jeans e neanche uno zaino per contenere acqua e cibo. Ne ho viste di tutti i colori. Quando si decide di intraprendere un percorso in montagna bisogna adottare certi accorgimenti e non prendere mai sottogamba quello che si sta facendo. Ricordatevi che il trekking non è una semplice passeggiata tra i boschi ma richiede impegno e soprattutto attenzione.

ABBIGLIAMENTO

Ci sono diversi fattori che possono influenzare la scelta dell’abbigliamento. Bisogna tenere in mente questi quattro aspetti: stagione, durata dell’escursione, condizioni meteo e quota massima che si intende raggiungere durante la vostra uscita.

  • MAGLIA

La maglia ideale dovrebbe garantire una buona traspirazione, in modo da rimanere sempre asciutti: perciò scegliete una maglia termica.

  • GIACCA

Estate o inverno, l’ideale sarebbe avere con se una giacca che sia impermeabile, traspirante e antivento.

  • PANTALONI

Assolutamente da evitare i pantaloni di jeans che limitano i movimenti ma soprattutto non sono impermeabili. Io ho sempre addosso o nello zaino pantaloni lunghi più o meno leggeri. Per i trekking estivi potete scegliere anche quelli corti. Ricordatevi però che il tempo in montagna potrebbe cambiare rapidamente perciò è sempre meglio averne un paio anche lunghi dentro lo zaino.

  • SCARPONI

A mio avviso gli scarponi sono uno degli elementi base da scegliere con più attenzione. Il terreno non sempre è regolare e asciutto perciò è molto importante avere una scarpa che abbia un battistrada scolpito, che sia traspirante e impermeabile.

  • CALZINI

La scelta dei calzini ideali varia in base al tipo di scarpa che indosserete. Sceglierete calzini corti e più sottili con una scarpa bassa, più pesanti e lunghi per uno scarpone alto.

  • CAPPELLO

La scelta del cappello dipende dalla condizioni climatiche: con visiera per le giornate estive, di lana per quelle invernali.

ATTREZZATURA

C’è un oggetto che non può mai mancare quando fate trekking: lo zaino! La capienza dello zaino varia a seconda del tipo di trekking che affronterete (se di uno o più giorni). L’importante è che sia comodo e leggero. Per un trekking in giornata ve ne basterà uno con una capienza di 20/30 litri.

Cosa mettere di utile all’interno dello zaino?

  1. BORRACCIA: almeno un litro e mezzo di acqua a testa (io normalmente la tengo nelle tasche esterne dello zaino),
  2. CIBO: sia in assenza di rifugi che per acquistare energia durante il cammino, porto sempre con me una barretta di cioccolata, della frutta e dei panini,
  3. BASTONCINI: un ottimo sostegno durante la camminata,
  4. COLTELLINO SVIZZERO: avrai a portata di mano tutti gli accessori che ti potrebbero servire,
  5. GPS: ormai tutti i cellulari sono dotati di un dispositivo gps. è estremamente utile per orientarsi,
  6. POWER BANK: se vi scarica il cellulare è sempre bene avere una batteria di scorta,
  7. TORCIA: se si rimane nel bosco fino a sera o durante la notte è ovviamente indispensabile,
  8. CREMA SOLARE: il sole scotta in montagna: provare per credere,
  9. RICAMBIO VESTITI: per evitare di rimanere con maglietta e pantaloni bagnati o sudati è bene sempre avere con se qualche indumento di ricambio,
  10. KIT PRONTO SOCCORSO: pochi strumenti ma molto utili in caso di bisogno (es. cerotti, disinfettante, ghiaccio, garze..). Nei negozi specializzati vendono il kit completo,
  11. SALVIETTE IGIENIZZANTI: utili per rinfrescarsi e detergersi,
  12. TENDA E SACCO A PELO: per chi volesse dormire in mezzo alla natura questi accessori non possono di certo mancare.

    E ovviamente…la macchina fotografica per immortalare ogni minimo dettaglio!!! 🙂

Le piccole Dolomiti della Valmarecchia

In Romagna, terra degli Appennini, ho scoperto un luogo magico.
Le Dolomiti in Valmarecchia? Ho pensato fosse impossibile. E invece esiste un posto, non lontano da San Leo, che non ha niente da invidiare alle vette del Trentino. Vi sembro un po’ eccessiva? Valutate voi stessi!

Oggi vi porto a scoprire la Cresta dei Tausani, che vanta il soprannome di “Piccole Dolomiti della Valmarecchia“. Il motivo è semplice: questo luogo ha una conformazione naturalistica atipica per il nostro territorio. Infatti in alcuni tratti vi sembrerà di essere proprio sulle Dolomiti. Qui potrete ammirare i paesaggi e gli scorci che ispirarono Piero della Francesca: una vista a 360° sulla Valmarecchia.

Per scoprire questo bellissimo territorio abbiamo seguito un percorso ad anello di circa 11 km, che parte dal piccolo borgo di Tausano e passa per San Leo. Il trekking non è troppo impegnativo ma in alcuni tratti occorre prestare particolare attenzione. Il sentiero CAI n.95 si trova immerso in un’oasi faunistica protetta, dove trovano rifugio cinghiali, caprioli, daini, scoiattoli, tassi e volpi. Noi abbiamo intravisto un piccolo di cinghiale e anche un frustone. Il sentiero passa in mezzo a boschi di conifere e latifoglie locali e non è assolutamente raro trovare lungo il percorso dei bellissimi gigli. Ci siamo concessi anche una piccola sosta per ammirare il convento francescano di Sant’Igne.

Vi ho un po’ incuriosito?! 😉 Noi torneremo sicuramente in questo luogo magico. Ci sono ancora tantissime cose da scoprire e bellissimi paesaggi da ammirare. Non vedo l’ora!

Escursione al Monte Fumaiolo

Finalmente rimetto la scarpe da trekking! Abbiamo così tanti posti ancora da conoscere che fatichiamo a scegliere da dove partire. Dopo questi mesi di lockdown abbiamo assolutamente bisogno di natura incontaminata.
Come prima escursione del 2020 scegliamo il Monte Fumaiolo. Non abbiamo mai fatto trekking da quelle parti quindi cerchiamo di acquisire qualche nozione da chi ci è stato prima di noi.

La partenza è programmata per sabato 30 maggio (sono super felice!) ore 11.30 da Poggio Torriana (RN). Arriviamo alle Balze (fraz. del comune di Verghereto FC) alle 12.35 circa.
Parcheggiamo la macchina davanti all’albergo Monte Fumaiolo e da lì imbocchiamo il sentiero CAI n. 104 in direzione della sorgente del Tevere. Dopo tanto tempo il primo contatto con la natura è davvero molto emozionante: sin dall’inizio del sentiero si apre una distesa di faggi da rimanere a bocca aperta. Sicuramente sarebbe molto suggestivo dedicare a questo percorso una giornata autunnale per ammirare il ‘foliage’. Il sentiero è ben curato e adatto a tutti. Una serie di gradoni ci conducono verso la sorgente che si trova a 10 minuti di cammino.
Arrivati a destinazione (1268 slm) scattiamo qualche foto di rito e leggiamo che un tempo la sorgente si trovava in Toscana. Fu Mussolini a spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo alla Romagna.


Continuiamo il percorso in direzione del valico del Monte Fumaiolo (1400 slm) che si trova a circa 15 minuti di cammino. Arriviamo al Fumaiolo Paradise Hotel dove ci fermiamo per una breve pausa. La zona oltre che essere meta prediletta per gli escursionisti lo è soprattutto per i motociclisti. Sono tanti quelli che si fermano al valico per un pranzo o semplicemente per ammirare il panorama.
Attraversiamo la strada e ci dirigiamo verso la vetta dal Monte Fumaiolo (circa 10 minuti di cammino). A differenza del precedente sentiero, più turistico, questo acquista tutte le caratteristiche di un vero itinerario di montagna. A circa metà del percorso c’è un bivio: per arrivare alla cima bisogna imboccare il sentiero CAI n. 106. Arrivati sulla vetta del Monte Fumaiolo rimaniamo un po’ delusi: eravamo convinti di poter ammirare un bel panorama e invece veniamo sorpresi da un’imponente antenna telefonica.

Ripercorriamo il sentiero al contrario e al bivio decidiamo di dirigerci in direzione dei ‘Sassoni‘ riprendendo così il percorso CAI n.104.
A una decina di minuti di cammino arriviamo al punto panoramico dei Sassoni. Qui ammiriamo un panorama veramente mozzafiato!! Le foto parlano da sole..

Il cielo minacciava pioggia (il tempo in montagna cambia veramente con grandissima rapidità!). Per evitare di camminare nel bosco durante un temporale scegliamo di ritornare indietro percorrendo sempre lo stesso sentiero. In alternativa avremmo potuto continuare in direzione Balze, ma ci avremmo impiegato più di un’ora e mezza a tornare al parcheggio.
Dopo circa 30 minuti raggiungiamo la macchina e anziché piovere ritorna un bellissimo sole. Non ci facciamo sfuggire l’occasione e decidiamo di raggiungere la Cascata del Tevere distante circa 20 minuti di cammino. Riprendiamo il sentiero CAI n. 104 però questa volta in direzione Balze intraprendendo così una piccola parte del Cammino di San Vicinio.
Dal parcheggio attraversiamo la strada e percorriamo circa 200 mt sul percorso asfaltato per poi addentrarci nel bosco. Arrivati al primo bivio giriamo a destra e troviamo a 100 mt un pascolo pieno di mucche. Continuiamo per altri 5 minuti e giunti all’ultimo bivio (prima della cascata) imbocchiamo il sentiero CAI n. 106: non potete sbagliarvi perché per proseguire bisogna oltrepassare un recinto con una scala di legno fissa. Ed ecco che dopo 5 minuti si arriva alla bellissima cascata del Tevere.
Dopo qualche foto di rito e una breve pausa riprendiamo il sentiero per tornare alla macchina.

Torniamo a casa, dopo 8 km di cammino, super felici e rilassati. Ho ancora negli occhi quei bellissimi paesaggi che mi accompagneranno fino alla prossima escursione.

Riflessioni ai tempi del lockdown

E’ trascorso poco più di un mese dal mio ultimo viaggio, dal mio ultimo pranzo al ristorante, dalla mia ultima passeggiata. All’inizio molti di noi hanno faticato ad abituarsi ad uno spazio ristretto, ai divieti, alla mancanza degli affetti più cari. Alcuni hanno scoperto lo “smart working” altri invece stanno attendendo un nuovo decreto per poter tornare a lavorare. Eppure questi trenta giorni – che probabilmente diventeranno sessanta – ci hanno aiutati a riflettere su aspetti delle nostra vita che l’eccessiva frenesia quotidiana non ci permetteva di fare.

I libri sono stati gli aiutanti più importanti di questa mia quarantena. Dal Giappone di Haruki Murakami e di Inoue Yasushi, sono volata a Parigi con Missiroli, fino in Russia con “Guerra e Pace” di Tolstoj. Un viaggio con la mente che mi ha sostenuta e fatto sognare in questo periodo di lontanza dal mondo esterno.

A proposito di viaggi. Tutto questo tempo mi ha dato modo di riflettere su come e se cambierà il nostro modo di viaggiare. Oggi il turismo sta attraversando un periodo di grande difficoltà che, ne sono certa, saremo in grado di superare a testa alta. Per farlo serve l’aiuto di tutti, anche di noi semplici cittadini. Come? Per esempio scegliendo mete italiane, privilegiando i nostri entroterra e le strutture ricettive che tanto li caratterizzano. Attivando una campagna di promozione del territorio  all’estero per incentivare i turisti stranieri ad amare come una volta, se non di più, la nostra terra.
Ma come viaggeremo? Come affronteremo, d’ora in avanti, il sovraffollamento di alcune mete turistiche? Contingentando le presenze in città come pensato a Venezia? Perchè anche il turismo di massa, cari lettori, può compromettere le bellezze dei nostri territori, deturpando città simbolo dell’arte e della bellezza a livello mondiale.
Soltanto il tempo ci mostrerà come poter rispondere a queste domande.

Una cosa che tutti potremmo fare d’ora in avanti è viaggiare in maniera più consapevole. Utilizziamo il nostro tempo per documentarci, per progettare la prossima vacanza, la nostra prossima fuga dalla quotidianità. Non smettiamo di sognare solo perchè costretti a stare in casa. Restiamo attivi, prima o poi tutto questo finirà. E allora dovremmo ripartire e lo potremmo fare con grinta e convinzione solo se abbiamo già in mente come affrontare il futuro.

Intanto io mi immagino già a 2000 metri, zaino in spalla, scarpe da trekking, a respirare aria pura e ad ammirare un magnifico panorama dopo una lunga camminata tra i boschi.

Alla scoperta della Slovenia

State pensando dove trascorrere questi ultimi giorni di vacanza? Tra le mete da non perdere segnatevi la Slovenia, destinazione turistica apprezzabile in qualsiasi stagione dell’anno. Dalle verdi vallate incorniciate da maestose cime rocciose al limpido mare Adriatico il passo è breve: in meno di un’ora di distanza la Slovenia offre paesaggi variegati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti i turisti.
Io e Andrea abbiamo solo 4 giorni per scoprire le bellezze di questo territorio perciò optiamo per un hotel a Portorose per poi spostarci in macchina per le varie escursioni.

Grotte di Postumia e Castello di Predjama

Partenza da Rimini alle 5:30. Vogliamo sfruttare ogni singolo minuto di questi pochi giorni di vacanza e le prime luci dell’alba sono il momento migliore per viaggiare. Arrivati a circa 30 km dal confine acquistiamo la “Vinjeta“, il bollino che serve per circolare sulle autostrade slovene. Lo trovate in dogana, in tutti i benzinai o tabaccherie della Slovenia ma potrete acquistarlo anche negli autogrill vicino al confine. Il costo per una settimana è di 15€.
Siamo diretti al Park Postojnska Jama dove visiteremo le Grotte di Postumia e il Castello di Predjama. In 5 ore arriviamo a destinazione e ad attenderci c’è un caldo pazzesco. Lasciamo la macchina all’interno del parcheggio del Parco (costo 5€ al giorno) e ci dirigiamo verso la biglietteria che si trova a pochi minuti a piedi. Sul sito del Parco leggiamo che vi è anche la possibilità di fare i biglietti online ma alla fine decidiamo di acquistarli in loco fidandoci delle numerose recensioni positive sulla velocità degli operatori di biglietteria: alla fine siamo stati premiati. Per una fila di 30 persone il tempo di attesa è stato solo di 10 minuti. Il prezzo intero per un adulto per la visita delle grotte e del castello, in alta stagione, è di 38,50€, comprensivo anche di transfer per raggiungere il castello (le altre tariffe le trovate sul sito https://www.postojnska-jama.eu/it/biglietti/). Un quarto d’ora prima dell’ingresso alle grotte, previsto per le ore 12, ci dirigiamo verso l’entrata dove veniamo smistati a seconda delle nazionalità. La quantità di gente che entrerà insieme a noi è impressionante: saremo all’incirca un centinaio. La guida ci spiegherà poi che le grotte di Postumia sono le più visitate al mondo. Vi ricordo che all’interno delle grotte vi è una temperatura costante di 10°C perciò è necessario indossare una felpa prima di entrare.
L’itinerario prevede un percorso di 3,7 km con un trenino elettrico e di 1 km a piedi. Le grotte di Postumia furono scoperte nel 1818 e aperte al pubblico l’anno successivo. Il trenino sotterraneo venne introdotto nel 1872 e rappresentò il primo esempio di ferrovia sotterranea al mondo.
Tutti a bordo, si parte! Attorno a noi si apre un nuovo misterioso mondo, quello delle grotte. Attraversiamo gallerie artificiali e naturali. Stalattiti e stalagmiti ci circondano ed è impossibile trattenere lo stupore. Giunti al termine del percorso ferroviario ci avviamo a piedi alla scoperta delle grotte. Il camminamento parte dalla cima del Monte Calvario dove la guida ci illustra l’evoluzione di questo ambiente sia dal punto di vista speleologico che storico. Ci spiega che sono necessari migliaia di anni per la formazione di queste spettacolari colonne calcaree. Dal Ponte russo raggiungiamo le Grotte belle, attraversando la Sala degli Spaghetti, chiamata così per la particolare forma delle stalattiti che impiegano 100 anni per crescere di appena 1 mm. La Sala bianca e la Sala rossa ci conducono fino alla Galleria del Brillante dove è presente il simbolo delle grotte. Lungo il percorso abbiamo l’occasione di vedere uno degli abitanti di questo mondo sotterraneo: il Proteo. Animale cavernicolo, vive nelle acque delle grotte. Si tratta di un anfibio con occhi atrofizzati, lungo circa 35 cm, che vive fino a 100 anni e che può resistere senza cibo per 10 anni. Raggiungiamo infine la Sala dei Concerti, una delle più spettacolari all’interno delle grotte: 3000 mq per 40 mt di altezza, può contenere fino a 10.000 persone e gode di un ottima acustica, tanto da essere utilizzata per eventi e concerti. Da qui si raggiunge il trenino elettrico per ritornare in superficie. Verso la fine del tratto ferroviario noterete delle pareti completamente annerite. La causa? L’esplosione di un deposito di diesel tedesco da parte dei partigiani.
Dopo il pranzo al sacco ci dirigiamo alla fermata dell’autobus (vicino alla biglietteria delle grotte) che ci condurrà al Castello di Predjama, che si trova a circa 20 minuti di distanza. Giunti a destinazione rimaniamo incantati dalla bellezza del castello e ci soffermiamo ad ammirarlo dalla terrazza panoramica: incastonato nelle rocce, rappresenta un intreccio tra elementi naturali e artificiali, una fortezza inespugnabile. In biglietteria ci forniscono l’audioguida in italiano che ci illustra, passo per passo, ogni stanza del castello: ben fatta! Interessante la leggenda di Erasmo di Predjama, il Robin Hood sloveno, che visse nel castello nel XV secolo dove si rifugiò dall’assedio dell’imperatore. Riuscì a resistere poco più di un anno. Un giorno infatti, mentre il cavaliere si recò in bagno, un servo infedele segnalò con una torcia ai nemici che potevano attaccare. Massi di pietra vennero catapultati contro la latrina provocando così la morte di Erasmo.
Durante il periodo estivo è possibile visitare anche la grotta sotto il Castello, chiusa al pubblico nei mesi invernali per permettere il letargo dei pipistrelli. Terminata la visita riprendiamo l’autobus che ci riporta a Postumia. Stanchi ma contenti ci dirigiamo al Boutique Hotel di Portorose che abbiamo prenotato con l’opzione B&B per tre notti: scelta azzeccatissima. Camera spaziosa, pulita e soprattutto con vista mare. Ceniamo alla Trattoria del Pescatore che si trova a qualche minuto a piedi dal nostro hotel. Porzioni abbondanti e ottimo pesce. Consiglio gli spaghetti allo scoglio: deliziosi!

Giornata di relax: tra Portorose e Pirano

Dedichiamo il secondo giorno di viaggio alla tintarella e al riposo. Dopo un’abbondante colazione, ci dirigiamo alla piscina dell’hotel dove ci vengono forniti asciugamani, lettini e ombrellone. Decidiamo di pranzare a Pirano, distante soltanto 3 km da Portorose. Parcheggiamo l’auto all’interno di un parcheggio a pagamento e prendiamo il bus navetta gratuito che ci conduce in centro. Fa veramente caldo e non riusciamo a goderci appieno questa graziosa località di mare. Giunti in Piazza Tartini scattiamo qualche foto di rito e ci dirigiamo in Piazza I Maggio dove pranzeremo al ristorante Delfin: fritto misto senza infamia e senza lode. Facciamo una passeggiata sul lungomare e notiamo che non ci sono spiagge attrezzate ma soltanto scogli dove stendere un telo da mare. In lontananza è ben visibile l’Italia. Esausti per il caldo eccessivo decidiamo di ritornare a Portorose per fare un tuffo in acqua e rilassarci al mare. Anche qui la maggior parte delle “spiagge” non è attrezzata: vi potrete stendere sulla banchina, su piccoli pontili o semplicemente sull’erba. Prima di cena ci rechiamo in spiaggia per vedere il tramonto: veramente molto romantico! Ceniamo alla pizzeria Rustika che, leggiamo su TripAdvisor, essere una delle migliori in zona. Assolutamente sconsigliata! Prima di recarci in albergo facciamo una breve passeggiata. Notiamo che Portorose rappresenta una destinazione turistica di rilievo per diversi target di turisti. Qui potrete trovare giovani, famiglie con bambini e anche amanti del gioco: la città infatti ospita alcuni casinò.

Lago di Bled

Alle 9:30 ci mettiamo in viaggio per raggiungere il lago di Bled che dista all’incirca 170 km da Portorose. Nella guida turistica leggo che è uno dei laghi più belli della Slovenia e che merita di essere visitato. Dopo quasi due ore di macchina arriviamo a destinazione, non prima di aver fatto una coda di 4 km per raggiungere il parcheggio libero più vicino. E’ agosto e per di più è domenica: il lago è invaso dai turisti e il tempo non è nemmeno dei migliori. Mi ero creata un’immagine mentale completamente diversa da quello che avevo di fronte a me. Il lago è affascinante ma non tanto da farci rimanere a bocca aperta. Decidiamo di percorre a piedi un tratto del sentiero che circonda il lago (lunghezza totale 6 km). Sono molte le persone che noleggiano una piccola imbarcazione o che salgono a bordo delle “Pletne”, barche tradizionali fabbricate da costruttori locali e note solamente a Bled, che permettono di raggiungere l’isola centrale o di navigare il lago. Tentiamo anche noi di noleggiare una piccola barca a remi ma la lista d’attesa è talmente lunga che avremmo dovuto prenotarla il giorno prima per poterne usufruire. Peccato, sarebbe stato molto bello raggiungere l’isola che ospita la chiesa gotica di S. Maria Assunta. Giunti all’incirca a metà del lago c’è un pontile dove ragazzi e adulti si tuffano per fare un bagno. Un po’ sconfortati torniamo indietro e ci fermiamo a pranzare all’Ostarija Babji zob dove mangiamo due primi e la Bled cake (Kremna Rezina): una vera bomba calorica! Due strati di pasta sfoglia racchiudono un ripieno a base di crema pasticcera sormontata da panna montata. Il tutto cosparso da zucchero a velo. Avevo messo in programma anche la visita al Castello di Bled e alla gola del Vintgar ma alla fine abbiamo optato per il ritorno a Portorose: avremmo altre occasioni per vedere questa regione della Slovenia e le meraviglie che ospita. Arrivati in hotel facciamo un tuffo in piscina e poi ceniamo al ristorante Porto Konoba dove sia servizio che cibo sono ottimi!
La nostra esperienza slovena termina qua. E’ stata una vacanza breve ma intensa. Sicuramente torneremo per visitare altre zone di questa stupenda destinazione turistica.

Trieste: alla scoperta dei musei scientifici

E’ il giorno della partenza. Lungo la strada del ritorno decidiamo di fermarci a Trieste, che dista solo 20 minuti da Portorose. Dedichiamo la mattinata alla scoperta del Civico Orto Botanico: veramente molto carino e ben curato, diviso in diverse aree tematiche ognuna descritta in maniera esaustiva. Consultando le brochure forniteci dal personale dell’Orto, veniamo a conoscenza della presenza di numerosi musei scientifici che decidiamo di visitare. Prima di pranzare ci rechiamo all’Aquario Marino della città di Trieste. “L’Aquario” propriamente detto si sviluppa al piano terra dove sono presenti una trentina di vasche di diverse dimensioni. Al primo piano invece è presente il Vivarium, dove vi sono numerose specie di anfibi, rettili con particolare riguardo alla fauna del Friuli Venezia Giulia. Pranziamo alla Trattoria Alla Vecia Pescheria con due buonissimi risotti ai frutti di mare. Sazi e felici, ci dirigiamo in macchina al Museo di Storia Naturale e ci restiamo per ben due ore! Davvero interessante poiché ospita al suo interno tre pezzi unici al mondo: lo squalo Carlotta, il più grande squalo bianco al mondo conservato in un museo, il dinosauro Antonio, il più completo in Europa e l’unico della sua specie nel mondo, e la mandibola di Lonche, primo esempio di otturazione dentale della storia dell’uomo. Inoltre lungo il percorso troverete collezioni di botanica, zoologia, mineralogia, geologia e paleontologia.
Si è fatto tardi, il museo sta per chiudere. Ci avviamo verso la macchina e purtroppo è ora di tornare a casa. Il nostro non è un addio a Trieste ma un arrivederci!