Tra le dolci colline riminesi, nella valle del fiume Marecchia, si ergono maestose rupi: blocchi di roccia calcarea, inespugnabili territori scelti nell’antichità per la costruzione di fortificazioni.
Tra questi vi è Montebello, dal latino Mons Belli – Monte della guerra, borgo medievale dove sorge il Castello di Azzurrina, conosciuto in Romagna per una storia che ha del leggendario. Chi di voi crede nei fantasmi? Sareste disposti a scendere nei sotterranei del Castello per valutare di persona la verità?
Poco distante dal greto del fiume Marecchia, sorge su uno sperone di roccia il Santuario della Madonna di Saiano restaurato anche con elementi artistici di Arnaldo Pomodoro e Tonino Guerra.
Ad unire queste due magnifiche rupi è un sentiero che, ve lo assicuro, vi farà innamorare della Valmarecchia.
Un’escursione ad anello di circa 8,5 km ci condurrà da Montebello, attraverso il sentiero CAI M1, ai piedi della rupe di Saiano. Durante il percorso il paesaggio si presenta diversificato: da un lato i calanchi, formazioni geologiche sorprendentemente affascinanti che, con l’alta erodibilità delle argille che li compongono, hanno dato luogo a pendii dolci con vegetazione specializzata. Dall’altro il paesaggio delle rupi formato da un substrato calcareo difficilmente erodibile, con pendii scoscesi e poco vegetati. Difficile descrivere la bellezza dei luoghi attraversati e lo stupore che si prova quando, giunti ad un centinaio di metri dal Santuario della Madonna di Saiano, si ha una vista a 360° sull’intera Valmarecchia: San Marino, Saiano, Pietracuta, la Cresta dei Tausani, San Leo, Maioletto, Carpegna, Fumaiolo e Montebello. Tutto in un unico e magnifico paesaggio.
All’interno dei diversi ambienti geologici sarà possibile osservare numerose specie floristiche, adattate a vivere sia in ambienti aridi e soleggiati, sia in luoghi umidi e ombrosi. Nel periodo primaverile potete ammirare la fioritura del giacinto romano e di quello dal pennacchio, dell’erba perla azzurra, dell’ombrellino pugliese, della Stella di Betlemme, della rosa canina o del biancospino: insomma non basterebbe una giornata intera per parlare in maniera approfondita di tutte queste meravigliose specie. La parte boscata invece è molto limitata, ed è composta principalmente da latifoglie: roverella, rovere, acero campestre e carpino.
Stella di Betlemme
Erba Perla Azzurra
Giacinto dal pennacchio
Ma non è finita qui! Il sentiero ha ancora tanto da regalarci. Ovunque è visibile la presenza di animali selvatici quali cinghiali, caprioli, tassi, volpi, istrici e con un po’ di fortuna anche del lupo. Impronte, tane, avvistamenti: insomma è impossibile non notarli.
Impronta di cinghiale
Impronta di lupo
Vi ho incuriositi? 🙂
Vi aspetto alla scoperta di questo fantastico mondo immerso in Valmarecchia.
Sentieri CAI M1 – CAI 03 – CAI 03a: escursione ad anello Montebello – Saiano
Quanto spesso avete programmato un trekking vicino a casa? Se potessimo fare un sondaggio immagino che sarebbe bassa la percentuale di persone spinte a conoscere da vicino il proprio territorio. Siamo sempre più attratti da ciò che è lontano e sconosciuto ma vi assicuro che, a pochi passi da voi, esiste un mondo ricco di bellezze e rarità naturali che nemmeno vi immaginate.
Nell’entroterra riminese c’è un luogo magico, fatto di colline e calanchi; un ambiente naturale che nonostante l’intensivo intervento umano è di rara bellezza. Sto parlando della Valmarecchia. Il trekking che vi propongo è interamente pensato all’interno di questa Valle.
Punto di partenza dell’escursione è Montebello di Torriana, un antico borgo medievale collocato in vetta ad una piccola rupe calcarea. In auto, provenendo dalla SP 120, prima dei tornanti che salgono a Montebello, deviate a destra in Via Sabioni. Proseguite fino al bivio con via Scanzano dove dovrete mantenere la sinistra: eccovi giunti all’area di sosta, non distante dall’Osservatorio Naturalistico, dove troverete un piccolo parcheggio. Seguiamo il sentiero CAI n.03A, superiamo la deviazione per Montebello giungendo ad una croce di ferro collocata tra via Sabioni e via Rontagnano. Si prosegue dritto sul sentiero CAI n.05 e, giunti ad un casolare, si gira a destra fino a raggiungere i ruderi di Pian di Porta.
Ruderi di Pian di porta
La Valmarecchia
Lungo il sentiero si ha l’opportunità di avvicinare numerose specie di flora tipiche dei suoli argillosi e calcarei che caratterizzano il territorio della Valmarecchia. Un ambiente diversificato dal punto di vista vegetazionale che ospita anche numerose specie di fauna selvatica: dal capriolo, spesso avvistabile, al cinghiale, tasso, volpe e istrice. Durante l’escursione troverete sul sentiero numerose tracce lasciate da questi animali. Non meno rilevanti sono le numerose specie di uccelli che è possibile ascoltare e, se si è fortunati, osservare durante il cammino: tra queste ricordiamo l’albanella minore, lo sparviere, l’ortolano, il succiacapre e l’averla piccola.
Giunti ai ruderi di Pian di Porta si prosegue dritto fino al bivio di Case Rontagnano dove dovrete tenere la destra. Lungo il sentiero potrete ammirare verso est il Santuario di Saiano, collocato su uno sperone calcareo. Oltre il Marecchia si apre un vasto territorio: dalla vicina Verucchio al lontano Monte Carpegna. Spiccano così anche le rupi di San Marino, San Leo, Maioletto e la vicina Perticara. Verso la valle dell’Uso, tra le colline cesenati, ammirerete i castelli di San Giovanni in Galilea e di Longiano.
Attorno a noi boschi di roverella si alternano a rimboschimenti di cipresso, pino nero e cedro. Ai margini del sentiero è impossibile non notare l’asparago selvatico, la rosa canina, la viola selvatica, il prugnolo in fiore.
Prugnolo in fiore
Pervinca
Passata la deviazione con Case Rontagnano, si apre sulla destra un vasto e profondo complesso calanchivo. Qui crescono pochissime specie floristiche, adattate a vivere su terreni argillosi.
Percorsi circa 500 metri vi troverete ad un altro bivio dove tenere la sinistra in direzione Monte Matto fino ad arrivare ad un successivo bivio: a sinistra conduce alla cima del monte, a destra lo aggira. Noi abbiamo deciso di proseguire a sinistra. Per giungere alla cima dovrete affrontare un piccolo tratto leggermente esposto.
Bivio per la cima del Monte Matto
Elleboro
Ritorno lungo il sentiero fangoso
Primula
La Valmarecchia al tramonto
Eccovi giunti alla meta! Dalla cima del Monte Matto (498 mt) dovrete percorre un breve tratto in discesa e al bivio girare a destra percorrendo così un sentiero ad anello. Questo tratto, che si ricongiungerà al bivio dal quale si era raggiunta la cima del Monte Matto, è quasi sempre fangoso. A ridosso del periodo primaverile è facile osservare le fioriture dell’elleboro verde, delle primule e delle violette selvatiche. Nonostante la semplicità del sentiero sarete sicuramente soddisfatti di averlo percorso. Sono certa che ritornerete a casa con più consapevolezza di ciò che vi circonda e tanta voglia di ripartire per scoprire altri luoghi nascosti vicino a voi.
Sentieri CAI 03A – 05: giro ad anello da Montebello a Monte Matto
In questo periodo così complesso, che come uno tsunami ci ha travolti in maniera improvvisa, una cosa l’ho imparata: non posso fare a meno del contatto con la natura. Non solo perché questo mi consente di stare bene ma anche, e soprattutto, perché non si dovrebbe mai smettere di esplorare il territorio che ci circonda. La conoscenza ci rende più consapevoli e questo, sono convinta, ci può spronare ad avere comportamenti maggiormente responsabili e sostenibili.
Abbiamo inaugurato il 2021 scegliendo un luogo molto particolare. Ecco qualche indizio sulla destinazione: si trova al buio, è sottoterra ed è la casa di un piccolo mammifero che vola. Certo, le grotte: un habitat molto fragile ma veramente suggestivo. La regione Emilia-Romagna ne ospita diverse, ognuna con proprie peculiarità. Soltanto una piccola parte sono visitabili, altre vengono unicamente studiate e ammirate dagli speleologi. La scoperta di questo meraviglioso mondo sotterraneo inizia dalla Riserva Naturale Orientata di Onferno, a Gemmano, cittadina nella media Valle del Conca, nelle basse colline riminesi. L’area naturale protetta fu istituita nel 1991 al fine di tutelare un piccolo complesso carsico caratterizzato da grotte, doline, inghiottitoi, rupi e vallecole.
Dell’antico borgo di Gemmano, dove un tempo sorgeva il castello, rimangono soltanto pochi resti della cinta muraria. L’intera cittadina venne distrutta durante la seconda guerra mondiale quando il borgo, situato lungo la Linea Gotica, fu protagonista di una breve ma cruenta battaglia. Fino agli inizi del ‘900 l’antico borgo era chiamato Inferno. Un nome sinistro, dovuto alle fumate di vapore che nei mesi invernali, specialmente al crepuscolo, fuoriuscivano dalle rocce facendo pensare all’esistenza di un mondo infernale nel sottosuolo cittadino. Soltanto 1916, con la prima spedizione speleologica in grotta, si è compreso questo fenomeno, legato alla differenza termica tra l’interno della grotta e l’esterno. Tra le attività principali del borgo vi erano l’estrazione e la cottura del gesso, protrattesi fino agli anni Cinquanta del secolo scorso.
Calanchi visti dall’antico borgo di Gemmano
Calanchi nella Riserva Orientata di Onferno
L’ambiente a ridosso delle grotte presenta caratteristiche morfologiche differenti. Dalle ripide pareti della Ripa della Morte fino alle zone calanchive costituite principalmente da argille.
A pochi passi dall’antico borgo si trova l’entrata delle Grotte di Onferno. Il centro visita, situato nell’antica pieve di Santa Colomba, è il punto di riferimento per le visite guidate alla grotta e le escursioni lungo i sentieri della Riserva. Prima di partire per il tour, la guida ci munisce di caschetto con pila per attraversare le grotte in piena sicurezza. Vi consiglio di vestirvi con indumenti caldi ed impermeabili perché la temperatura all’interno delle grotte è di circa 12 -15°C e di indossare scarpe da trekking per avere maggiore stabilità durante il percorso. Prima di raggiungere l’entrata delle grotte, percorriamo un brevissimo tratto all’interno del bosco: nonostante sia inverno la natura ci regala innumerevoli sorprese. Siamo circondati da roverelle, aceri, arbusti di pungitopo e da bellissimi bucaneve, rari da ammirare a questa altitudine. Ma ecco che a 20 metri da noi, nella cavità di una quercia, riposa un bellissimo esemplare di allocco. Man mano che ci avviciniamo all’entrata delle grotte la vegetazione cambia: notiamo sempre più spesso la presenza di felci. Giunti all’ingresso accendiamo le torce e siamo pronti per il tour in cavità.
Il percorso nel bosco per raggiungere le Grotte di Onferno
Il percorso nel bosco per raggiungere l’entrata delle Grotte di Onferno
Bucaneve
Allocco
Entrata grotte di Onferno
La guida ci illustra le caratteristiche geologiche delle Grotte di Onferno: un sistema ipogeo di gesso selenitico, formatosi dall’azione carsica compiuta da due rii provenienti dal Monte Croce. È una formazione relativamente giovane, in continua evoluzione e fragile per via del substrato roccioso che le caratterizza. All’interno delle Grotte di Onferno non troverete stalattiti o stalagmiti perché l’acqua che si infiltra in grotta scorre velocemente, impedendo il rilascio di depositi calcarei. Nel primo tratto dell’itinerario, lungo il torrente, si percorrono gallerie con pareti verticali modellate dall’acqua in forme sinuose. Successivamente si incontrano le tipiche concrezioni calcaree delle grotte gessose, le più estese di un acceso colore arancio per la presenza di ossidi di ferro.
All’interno delle Grotte di Onferno
All’interno delle Grotte di Onferno
Concrezioni calcaree delle grotte gessose, i più estesi di un acceso colore arancio per la presenza di ossidi di ferro.
La grotta ospita una fauna tipica e specializzata. I padroni di casa sono sicuramente i chirotteri, comunemente noti come pipistrelli, per i quali la grotta rappresenta un rifugio in cui riposare e riprodursi. Li possiamo ammirare lungo tutto il percorso, in fase di ibernazione. Tipicamente vivono in colonie ma potremmo vederne anche alcuni solitari. Le grotte di Onferno ospitano la più importante colonia di pipistrelli della regione: se ne contano circa 8000 esemplari, 7 diverse specie tra le quali il rinolofo maggiore, minore ed euriale, il vespertilio e il miniottero. La guida ci ha illustrato, passo dopo passo, le caratteristiche di questi piccoli ma importantissimi mammiferi volanti: rimarrete sorpresi da ciò che apprenderete in pochissimo tempo.
Dolichopoda – Cavalletta di grotta
Siamo stati molto soddisfatti di questa visita in grotta. La guida, molto disponibile e competente, ha illustrato al gruppo in maniera esaustiva le principali caratteristiche di questo particolare habitat. Consiglio a tutti di dedicare un po’ di tempo per conoscere in maniera più approfondita questi luoghi, così lontani dalla nostra vita ordinaria ma così importanti per l’intero ecosistema.
Informazioni pratiche
Dove: Grotte di Onferno, Gemmano (RN) – Centro visita presso Pieve di Santa Colomba Come: Visita delle grotte solo su prenotazione Costo della visita guidata: € 10 adulti / € 8 fino 12 anni e over 65 Durata della visita: 1 ora Abbigliamento: indumenti impermeabili e scarpe da trekking
La stagione autunnale trasforma l’Appennino marchigiano – romagnolo in una splendida tavolozza di colori. Gli occhi si riempiono di incredibile bellezza: impossibile non rimanerne incantati. Lì, in mezzo a boschi di faggi, aceri e noccioli, regnano il silenzio e la tranquillità.
Siamo tra le province di Pesaro-Urbino e di Rimini, ai confini con l’omonima Riserva Naturale del comune di Sestino, dentro il Parco Interregionale del Sasso Simone e Simoncello. Oggi vi proponiamo un’escursione alla scoperta del Sasso Simone, un enorme blocco di roccia calcarea che domina il Montefeltro.
Per raggiungere il Sasso Simone partiamo dal Passo Cantoniera a quota 1007 metri. A ridosso del cartello, che segnala il passo, parcheggiamo l’auto e iniziamo la nostra escursione. Imbocchiamo il sentiero n. 118 e dopo un centinaio di metri, sorpassato il Carpegna Park, ci inoltriamo all’interno del bosco. L’atmosfera che si respira è veramente magica. Gli alberi che ci circondano si mostrano in svariate tonalità di colore. Il percorso non presenta difficoltà tecniche. Fate però attenzione alla scelta della scarpa: il terreno in questo periodo dell’anno, a causa delle piogge, è piuttosto fangoso. Inoltre presenta tratti irregolari a causa della presenza di sassi che, nel corso dei secoli, sono scivolati dalle pendici del Sasso Simone e del Simoncello.
Dopo circa 40 minuti di cammino raggiungiamo la località Banditella (1085 mt). Qui proseguiamo dritto lungo il sentiero n. 118. Dopo 10 minuti, giunti ad un altro bivio, giriamo a destra prendendo il sentiero n. 117 che consente di giungere il Sasso Simone attraverso un percorso tra i calanchi. In 5 minuti raggiungiamo Sella dei Sassi (1150 mt) e di lì a poco, sorpassata una recinzione in legno, si spalanca il paesaggio lunare dei calanchi argillosi.
Banditella
Sella dei Sassi
Vista sul Sasso Simone
Al bivio successivo, dove la strada risulta franata, deviamo a sinistra e prendiamo il sentiero n. 17 che conduce alla vetta del Sasso Simone in circa 45/50 minuti di cammino.
Vista sui calanchi
Verso la vetta del Sasso Simone
Conoscete la storia del Sasso Simone? Potrete trovare qualche cenno storico a pochi passi dalla vetta. Nella metà del XVI secolo Cosimo I de’ Medici scelse il Sasso Simone come luogo per costruirvi una città-fortezza denominata “Città del Sole”. Il Sasso Simone rappresentava un nodo strategico del Granducato di Toscana in contrapposizione al castello di San Leo che dominava il Montefeltro. Il progetto prevedeva la realizzazione di una città capace di contenere una guarnigione militare e trecento civili. Venne utilizzata per quasi un secolo ma, per avverse condizioni naturali, venne abbandonata definitivamente alla fine del XVII secolo. Oggi rimangono soltanto una strada lastricata ed alcuni ruderi a testimonianza dell’ambizioso insediamento.
Qualche cenno storico sul Sasso Simone
Vista dal Sasso Simone
In vetta al Sasso Simone
Sasso Simoncello
Strada lastricata che conduce alla vetta del Sasso Simone
Giunti ai prati sommitali, si gode di una vista mozzafiato che spazia dalla costa pesarese all’Alpe della Luna, dalle Foreste Casentinesi al Monte Catria. Per ritornare al Passo Cantoniera decidiamo di ripercorre al contrario gli stessi sentieri. Vi è comunque la possibilità di effettuare un percorso ad anello prendendo il sentiero n. 119bis che si ricongiungerà successivamente al sentiero n. 118.
La luce è fioca, il sole si nasconde dietro i monti. Nel bosco tra poco farà buio. L’unico rumore percepibile è quello delle foglie che cadono e si appoggiano sul terreno fangoso. E’ così che termina anche questa splendida giornata in mezzo alle bellezze naturalistiche del Parco Sasso Simone e Simoncello.
La scoperta dell’Appennino romagnolo continua. Questa volta abbiamo scelto un luogo d’importanza storica, una destinazione che pochi di voi conosceranno. Sto parlando di San Paolo in Alpe. Ne avete già sentito parlare? Immerso nel Parco delle Foreste Casentinesi, a 1030 metri di altitudine, oggi è una località semi abbandonata ma durante la seconda guerra mondiale fu protagonista di numerosi eventi storici per via della sua collocazione lungo la linea gotica.
Qualche accenno storico
Nel 1944 San Paolo in Alpe fu scelto dal Comando del Gruppo Brigate Romagna come campo di lancio di armi, vestiario, denaro e vivere utili alla sopravvivenza e alla lotta dei partigiani. Alla fine di marzo del ’44 il campo venne preparato per il lancio. Radio Londra trasmise nei primi giorni di aprile il messaggio convenzionale “le ciliegie sono mature” : fu così che nella notte tra il 4 e il 5 e tra quella del 7 e l’8 aprile furono lanciati pistole, mitragliatrici, bombe a mano, esplosivo, viveri e denaro. La distribuzione del materiale ai partigiani però non fu affatto semplice per via dei continui rastrellamenti da parte delle truppe tedesche. Nel frattempo la vigilanza al campo venne rinforzata in attesa di nuovi lanci. La mattina del 12 aprile 1944 però il campo di lancio venne attaccato dai tedeschi che, dopo una giornata di combattimenti, riuscirono a conquistare il campo e a costringere i partigiani a ritirarsi. Raggiunto l’obiettivo, le truppe tedesche devastarono la località di San Paolo in Alpe dando fuoco alla Chiesa e alle abitazioni civili.
Come raggiungere San Paolo in Alpe
L’escursione per raggiungere San Paolo in Alpe parte da Cà Fiumari. Come raggiungerla? Provenendo da Santa Sofia dovrete proseguite lungo la strada SS310 superando le frazioni di Berleta, Corniolo e Lago. Oltrepassata quest’ultima località troverete sulla sinistra, dopo circa 500-600 metri, una deviazione e un cartello in legno con scritto S.Agostino. Qui dovrete svoltare e proseguire per circa 4-5 km. La strada è sterrata e in molti punti scoscesa: prestate particolare attenzione e proseguite con calma. La seconda casa in pietra che incontrerete sarà Cà Fiumari. Ne avrete la conferma dal fatto che sulla destra ci sarà la deviazione per Sant’Agostino mentre proseguendo dritto per 200 metri troverete sulla sinistra un cartello che indicherà l’inizio del percorso.
Imboccate il sentiero CAI 255 e seguitelo fino all’arrivo a San Paolo in Alpe. In alcuni tratti i segnavia non saranno molto evidenti. Per questo prestate particolare attenzione, soprattutto nei primi due bivi. Il sentiero presenta un lungo tratto di salita (circa 3 km): inizialmente camminerete all’interno del bosco poi nell’ultimo tratto passerete lungo il costone roccioso. Attenzione a quest’ultima parte perché il sentiero potrebbe presentare tratti franati. Lungo il percorso troverete ruderi abbandonati utilizzati durante la seconda guerra mondiale come rifugi dei partigiani. Nell’ultimo tratto di cammino potrete ammirare ciò che resta di due edifici religiosi. Quello più a ridosso del punto di arrivo è la chiesa di S. Agostino oggi quasi interamente distrutta. Sul retro si apre un ampio prato con al centro un albero secolare. L’intera zona viene utilizzata per il pascolo del bestiame, compresa l’area dove sorgono i ruderi della chiesa.
Chiesa di Sant’Agostino
Una volta arrivati a San Paolo in Alpe noterete un grande edificio. La parte ristrutturata di recente è un bivacco. Qui non troverete acqua ma soltanto un luogo dove ripararvi o riposarvi in caso di bisogno. All’ingresso vi è una targa che racconta la storia di San Paolo in Alpe durante la seconda guerra mondiale. Salendo sulla piccola altura vicino al bivacco potrete ammirare un panorama niente male.
Bivacco San Paolo in Alpe
San Paolo in Alpe
Per ritornare a Cà Fiumari abbiamo ripercorso al contrario il sentiero CAI 255 però se decidete di fare un trekking a tappe avrete la possibilità di prendere il sentiero CAI 233 che in circa 2 ore di cammino vi porterà alla Diga di Ridracoli.
Immersa nell’appennino pesarese, si trova la Riserva Naturale Statale Gola del Furlo, un luogo magico che attrae ogni anno migliaia di turisti ed escursionisti.
Per avere una vista panoramica sulla gola si può percorrere il sentiero n. 449 che dal Passo del Furlo porta fino all’omonimo rifugio. Un percorso di pochi ma intensi chilometri, che non presenta particolari difficoltà tecniche ma che permette all’escursionista di godere di una vista mozzafiato.
Il sentiero parte dalla vecchia provinciale del Furlo (comune di Fermignano), a ridosso del cartello che indica l’inizio dell’omonimo Passo (180 metri). Qui troverete una piazzola dove parcheggiare la vostra auto.
Imboccate il sentiero n. 449: prima tappa Terrazza del Furlo (1.20 h). Il sentiero si inoltra sin da subito nel bosco e presenta una discreta pendenza: il dislivello che percorrerete nel giro di pochi chilometri sarà abbastanza elevato (500 mt circa). Prestate particolare attenzione nella parte iniziale dove salendo a zig-zag incontrerete diverse svolte in corrispondenza di una delle quali occorrerà svoltare a destra anziché andar dritto (altrimenti si finirebbe alla palestra di arrampicata).
A pochi minuti dalla Terrazza del Furlo incontrerete un bivio. Svoltando a sinistra raggiungerete il Rifugio del Furlo, passando per la “terrazza bassa”, mentre proseguendo sul sentiero principale arriverete in dieci minuti alla spettacolare “terrazza alta”. Si tratta di un punto panoramico che vi permetterà di osservare dall’alto l’intera Gola del Furlo, le acque del fiume Candigliano e, sullo sfondo, le più importanti cime dell’Appennino pesarese.
Dopo una breve ma doverosa sosta, proseguite lungo il sentiero che, con una leggera discesa, vi condurrà al Rifugio del Furlo (626 m), punto d’arrivo del nostro percorso. Purtroppo abbiamo scoperto soltanto al nostro arrivo che il rifugio era chiuso (probabilmente da parecchio tempo). Quindi niente cibo e niente acqua, portatevi tutto da casa.
Si sa che il tempo in montagna cambia in maniera repentina. Appena arrivati al rifugio il sole ha lasciato spazio alle nuvole e in pochissimo tempo ha iniziato a diluviare. Dopo quasi 1 ora e 30 di pioggia il tempo è migliorato e abbiamo intrapreso la discesa. L’umidità era elevatissima e il sentiero era veramente scivoloso. Perciò in caso di maltempo prestate particolare attenzione, soprattutto se dovete percorrere il sentiero in discesa.
Arrivati alla macchina abbiamo fatto una breve passeggiata lungo il sentiero asfaltato che costeggia il fiume Candigliano. Veramente molto suggestivo vederlo al tramonto.
Incanto, bellezza, unicità, fascino. In poche parole: Tre Cime di Lavaredo. Guardandole sembra di essere di fronte ad un dipinto: difficile descrivere a parole le emozioni che queste montagne generano in me. Una vera e propria opera d’arte della natura.
In questo articolo vi racconterò uno dei trekking più famosi delle Dolomiti: il periplo completo delle Tre Cime, un anello escursionistico sui sentieri 101 e 105. Purtroppo in estate è frequentato da tantissima gente. Questo comporta come conseguenza una perdita del rapporto emozionale uomo – natura che l’escursionista ricerca: quel rapporto fatto di silenzio e osservazione che in quei mesi non è possibile ottenere. Consiglio di percorrere questi sentieri nel periodo primaverile o autunnale: i rifugi saranno chiusi ma in compenso potrete vivere un’esperienza unica.
Punto di partenza è il rifugio Auronzo situato a forcella Longeres a 2333 metri di quota. Costruito nel 1915 dal Cai di Auronzo subì più volte gravi danneggiamenti, sia in tempo di guerra che a causa di incendi. E’ raggiungibile in auto dalla strada che parte da Misurina (è necessario il pagamento di un pedaggio di 30€), con bus navetta o a piedi seguendo il sentiero n. 101 che percorre la Val Longeres in 1.30 ore.
Percorreremo l’anello in senso antiorario imboccando inizialmente il sentiero n. 101. Il primo tratto che porta alrifugio Lavaredo, è pressoché pianeggiate e molto frequentato. Lungo il percorso lo sguardo si perde sulla Val Marzon mentre davanti a noi potremmo ammirare le pareti occidentali della Croda dei Toni. A metà strada tra il rifugio Auronzo e il rifugio Lavaredo troverete la chiesetta della Madonna della Croda e vicino troverete il cippo che ricorda Paul Grohmann che probabilmente fu il primo a scalare la Grande di Lavaredo (21 agosto 1869). Poco più avanti prendiamo una breve deviazione a destra dove si trova il monumento dedicato ai bersaglieri. Da qui potremmo avere una fantastica vista sulle montagne che ci circondano. Riprendiamo il cammino e ritorniamo sul sentiero principale, fino ad arrivare al Rifugio Lavaredo a 2344 metri di quota.
Verso il rifugio Lavaredo
Dal Rifugio Lavaredo si può proseguire seguendo due varianti: una più comoda ma più lunga che si snoda verso est, l’altra più breve ma un po’ più impegnativa che attraversa i ghiaioni posti alla base dalla piccola di Lavaredo. Noi abbiamo scelto questa seconda opzione. Arrivati a Forcella Lavaredo (2454 metri), linea di confine tra Auronzo di Cadore e Dobbiaco, potrete ammirare la bellezza delle Tre Cime dal versante nord. Da rimanere a bocca aperta!
Da Forcella Lavaredo si diramano diversi sentieri che conducono al rifugio Locatelli. Si potrebbe proseguire sul sentiero 101 ma a causa dell’eccessivo sovraffollamento decidiamo di imboccare la strada sovrastante alla volta dell’immensa conca ghiaiosa: molto più bella e soprattutto panoramica. Questo tratto di sentiero non presenta particolari difficoltà anche se è bene prestare particolare attenzione ai tratti in cui parte della strada segnalata è crollata a causa di frane. A qualche centinaio di metri dal rifugio vi è una piccola grotta da dove è possibile ammirare uno scorcio del tutto particolare delle Tre Cime.
Raggiungiamo così il rifugio Locatelli a quota 2450 metri: un luogo spettacolare dove transita l’Alta Via n.4. Di proprietà dei CAI di Padova, il rifugio venne eretto nel 1882 e ricostruito dopo la prima guerra mondiale. Davanti a noi il simbolo delle Dolomiti: le Tre Cime di Lavaredo. Qui ci fermiamo per una pausa, stesi ad ammirare le magnifiche vette dolomitiche e i due Laghi dei Piani, ai piedi del Monte Paterno.
Imbocchiamo il sentiero n. 105 in direzione sud ovest. Piano piano il paesaggio intorno a noi inizia a mutare. A fondo valle le ghiaie lasciano il posto a verdi prati dove scorre anche un piccolo torrente: sembra di camminare in paradiso. Arriviamo fino alla Malga Langalm (2283 metri) dove gustiamo un buonissimo yogurt con frutti di bosco di loro produzione: una tappa d’obbligo, assolutamente da non perdere!
Da qui proseguiamo verso la Forcella Col de Medo (2315 metri) dove rientriamo di nuovo in territorio Bellunese. Davanti a noi centinaia di mucche che pascolano lungo i prati erbosi. Manca veramente poco al rifugio Auronzo. Proseguiamo seguendo il segnavia n. 105 e in 30 minuti circa concludiamo il nostro anello arrivando al punto di partenza.
Malga Langalm
Forcella Col De Medo
Tre cime, tre fortezze imponenti di roccia. Siete uniche nella vostra bellezza. Di fronte a voi basta il silenzio. Noi, siamo spettatori di questa magnifica magia compiuta dalla natura. Porteremo sempre nel cuore le emozioni che solo voi con la vostra straordinarietà siete riuscite a trasmetterci.
Anello Tre Cime di Lavaredo (sentieri CAI n. 101 – 105)
Maestose cime dolomitiche, verdi prati e rigogliosi boschi, laghi dalle acque cristalline, chilometri di sentieri da percorrere a piedi o in bicicletta: ecco a voi la Val Pusteria! Siamo in Alto Adige, nella zona compresa tra Bressanone e il confine con l’Austria. Venite a scoprire con noi alcune delle meraviglie che caratterizzano questa valle e che la rendono famosa in tutto il mondo.
Un importante consiglio prima di partire: visitate questi luoghi a giugno o a settembre. Potrete così godervi al meglio ciò che la montagna ha da raccontarvi. Maestose cime dolomitiche, verdi prati e rigogliosi boschi, laghi dalle acque cristalline, chilometri di sentieri da percorrere a piedi o in bicicletta: ecco a voi la Val Pusteria! Siamo in Alto Adige, nella zona compresa tra Bressanone e il confine con l’Austria. Venite a scoprire con noi alcune delle meraviglie che caratterizzano questa valle e che la rendono famosa in tutto il mondo.
Un importante consiglio prima di partire: visitate questi luoghi a giugno o a settembre. Potrete così godervi al meglio ciò che la montagna ha da raccontarvi.
Plan de Corones: cultura e arte in alta quota
La prima tappa è all’insegna della storia e dell’arte. Saliamo a Plan de Corones, a 2275 metri, per visitare due musei: il Lumen e il MMM – Messner Mountain Museum. Arrivati all’ingresso della funivia Kronplazt 1+2 (Riscone) acquistiamo 2 biglietti cumulativi – costo 36€ l’uno – comprensivi di: salita e discesa in funivia e ingresso ai musei (i biglietti sono acquistabili soltanto in loco). In alternativa potete scegliere di raggiungere la cima con i numerosi sentieri che partono da fondo valle. Giunti in vetta è impossibile non rimanere affascinati delle vette dolomitiche che circondano i due musei. Quando capita di combinare arte, storia e natura?! La nostra prima visita è al MMMCorones (esistono altre 5 sedi del MMM) che ci colpisce per la sua stravagante architettura. Geniale l’idea di utilizzare le vetrate per riflettere i ricordi d’infanzia di Reinhold Messner: le Odle e il Pilastro centrale del Santa Croce, così come i ghiacciai che sovrastano la valle Aurina. Il museo racconta attraverso reliquie e citazioni l’affascinante mondo dell’alpinismo. Un luogo di riflessione e silenzio dove immergersi in un mondo complesso ma allo stesso tempo affascinante. Un museo semplice, a volte non troppo esaustivo, ma comunque molto piacevole da visitare.
Esterno MMM Corones
A pochi passi dal MMM si trova Lumen, il museo dedicato alla fotografia di montagna. Un tuffo nella storia tra fotografie d’archivio e innovazioni digitali capaci di coinvolgere il visitatore a 360°. Il museo è stato costruito nello stesso punto in cui si trovava la prima stazione a monte della funivia del Plan de Corones, in disuso dal 1986. Questo particolare è ricordato dalla splendida sala dell’otturatore: l’enorme foro al centro della stanza si apre e si chiude proprio nel punto in cui una volta entravano e uscivano le cabinovie, mostrando oggi uno spettacolare panorama sulle Alpi. Rimarrete affascinati dalla sala adrenaline dove sono esposte le foto vincitrici del più grande concorso fotografico internazionale sugli sport d’avventura. E sicuramente non vorrete più uscire dalla sala degli specchi: giochi di luci e colori vi incanteranno! Al piano terra del museo troverete anche l’ingresso al ristorante AlpiNN dello chef stellato Nobert Niederkofler.
Il Lumen e il magnifico panorama da Plan de Corones
Sala dell’otturatore – Lumen
Come un quadro – Lumen
Sala degli specchi – Lumen
Dopo la visita ai musei di Plan de Corones, dedicate qualche ora alla città di Brunico: il centro è costellato di piccoli negozietti e bar dove potersi rilassare e gustare un aperitivo.
Le Tre Cime di Lavaredo: dove è finito il silenzio della montagna?
La seconda tappa si trova al confine tra Alto Adige e Veneto: sto parlando delle Tre Cime di Lavaredo. Come già saprete, dal 2009 il Parco NaturaleTre Cime e quello Fanes-Senes-Braies sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità. Sono tra le cime dolomitiche più conosciute e attirano ogni anno migliaia di escursionisti e alpinisti. Vi parlerò più dettagliatamente del nostro trekking nel prossimo articolo. Ora mi preme sottolineare un altro importante aspetto che è bene non sottovalutare prima di partire. Cosa vi spinge ad affrontare un sentiero in montagna, ad immergervi nella natura? Pace e serenità, distacco dalla quotidianità, silenzio: giusto? Le Tre Cime di Lavaredo sono affascinanti, uniche, mozzafiato: è impossibile non rimanere incantati a guardarle.Un’opera d’arte della natura. Ma, c’è un ma. Hanno perso quel pizzico di magia che solo la montagna sa regalarti. La folla di gente che invade i sentieri, il chiacchiericcio non è più sostenibile in un contesto come quello delle Tre Cime. Stop. Rewind. Riflettiamo sul significato di turismo in questi territori. Visitate le Tre Cime, ne vale davvero la pena, ma fatelo con uno spirito diverso: fatelo nel rispetto della natura.
Contemplazione delle Tre Cime di Lavaredo
Le Tre Cime di Lavaredo da una diversa angolazione
San Candido – Lienz: oltre il confine in mountain bike
Terza tappa è l’immancabile tour in bicicletta sulla ciclabile della Drava che da San Candido (1175 mt) conduce in Austria sino a Lienz (650 mt). Il percorso è lungo 44 km ed è prevalentemente in discesa. Anche se non presenta particolari difficoltà consiglio di utilizzare una mountain bike per affrontare meglio i tratti su sterrato e in salita. A seconda della vostra andatura e del numero di soste calcolate un tempo di circa 3 ore per arrivare a Lienz. Una volta giunti a destinazione potrete scegliere se ritornare in bicicletta oppure in treno (ne parte uno circa ogni ora). Se non siete muniti di bicicletta potete noleggiarla in uno dei numerosi negozi che si trovano a Dobbiaco o San Candido. Noi abbiamo scelto Papinche ci ha fornito un servizio eccellete: 2 mountain bike al costo complessivo di 40€ (compresi nel prezzo anche 1/2 litro d’acqua e una mela). Una volta terminato il percorso, potrete scegliere se consegnare la bicicletta al punto Papin a Lienz (dietro la stazione) oppure caricarla in treno e riconsegnarla a San Candido. In entrambi i casi il supplemento sarà intorno ai 6€. Vi consiglio di riconsegnarla a Lienz, in modo da non avere un ingombro in treno (che in estate è super affollato).
San Candido – Lienz in mb
Tra giugno e settembre la ciclabile è presa d’assalto da tantissime persone perciò in alcuni punti è necessario prestare particolare attenzione per evitare incidenti. Sulla San Candido – Lienz è impossibile sbagliare strada: tutto il percorso è ben segnalato e al noleggio vi spiegheranno nei minimi dettagli cosa fare. Noi iniziamo il nostro tour da San Candido. A pochi chilometri dalla partenza, dopo Versciaco, si supera il confine italiano e si percorre la restante parte in Austria. La ciclabile segue il corso del fiume Drava e presenta in molti punti panchine per rilassarsi e godersi il panorama. A circa metà strada si trova la famosissima fabbrica della Loacker che con il suo shop e bar all’esterno attira migliaia di curiosi e affezionati. Anche noi abbiamo deciso di fermarci per una dolce sosta ma abbiamo evitato di entrare nello shop: veramente super affollato!
San Candido – Lienz: tappa alla Loacker
Tappa dolce alla Loacker
Ciclabile San Candido – Lienz: fiume Drava
Biciclettando
Nella seconda parte la ciclabile si immerge per alcuni tratti all’interno del bosco e il percorso diventa sterrato. A pochi chilometri da Lienz troverete alla vostra destra l’entrata al parco acquatico di Galitzenklamm (a pagamento) dove ammirare la Gola della Galizia con le sue cascate. Se decidete di riconsegnare la bici a Lienz, prestate particolare attenzione quando arrivate in città, seguendo le indicazioni in direzione della stazione. Vi consiglio di trascorrere anche qualche ora nel centro di Lienz e di pranzare qui al vostro arrivo.
Il lago di Braies: la perla delle Dolomiti
Come resistere alla bellezza del lago di Braies? La quarta imperdibile tappa ci porta sulle rive di questo meraviglioso lago alpino situato ai piedi della Croda del Becco (2810 mt). Nel periodo estivo, come per le Tre Cime di Lavaredo, il lago è preso d’assalto dai turisti. Probabilmente la stagione migliore per visitarlo è l’autunno o ancor meglio l’inverno con un po’ di candida neve che ne ricopre le rive. Per ridurre i flussi turistici ogni anno la provincia di Bolzano studia nuove soluzioni che troverete aggiornate sul sito ufficiale.
Come raggiungere il lago? In auto: è possibile accedere ai parcheggi che conducono al lago di Braies fino alle ore 10:00 oppure fino ad esaurimento parcheggi. La strada riapre alla circolazione dalle ore 15:00. E’ possibile l’acquisto online e non in loco di un posteggio nel parcheggio P3 (quello a ridosso del lago) oppure se si è fortunati, partendo molto presto si può trovare un posteggio nel parcheggio P2 o P1, che si trovano a circa mezzo chilometro dal lago (anche questi a pagamento). Di seguito il link al sito per l’acquisto del parcheggio https://www.prags.bz/it/ . Bus navetta: ci sono due diverse linee che portano al lago di Braies: la n. 439 da Monguelfo e la n. 442 da Dobbiaco. E’ necessario acquistare i biglietti online sul sito https://www.prags.bz/it/ indicando la data, l’ora e luogo di partenza. Il costo del biglietto di a/r è di 10€, solo una corsa 5€. A piedi: pur essendo arrivati a Braies per le ore 9:00 non abbiamo trovato parcheggio così abbiamo optato per questa terza modalità di accesso: un breve trekking tra i boschi del Parco Naturale Fanes – Senes – Braies. Il sentiero parte dal parcheggio Segheria a Ferrara, è lungo all’incirca 5 km e non presenta difficoltà. Noi abbiamo percorso soltanto l’ultimo tratto (circa 2 km) perché siamo riusciti a trovare parcheggio nella frazione successiva.
Sentiero per raggiungere il Lago di Braies
Sentiero per raggiungere il lago di Braies
Dal lago di Braies partono numerosi sentieri, tra cui quello che conduce alla Croda del Becco molto bello ma anche parecchio impegnativo (con un po’ più di allenamento lo farò 😉 ) e quello che orla le rive del lago, tra boschi di abeti e acque cristalline. Un trekking molto semplice, da percorrere in senso antiorario, che vi permetterà in un’oretta di ammirare il lago a 360°.
Sentiero n.1 intorno al Lago di Braies
Sentiero n.1 intorno al Lago di Braies
Sentiero n.1 intorno al Lago di Braies
Sentiero n.1 intorno al Lago di Braies
Se volete evitare la folla, dedicate la prima parte della giornata al noleggio di una barchetta a remi. Il costo per un’ora è di 29€: seppur caro il prezzo vale l’esperienza! Se non avete con voi il pranzo vi consiglio di assaggiare l’hamburger (di carne o verdure) nel chiosco che si trova poco distante dall’inizio del sentiero che costeggia il lago.
Sulla barca a remi – Lago di Braies
Sulla barca a remi – Lago di Braies
Tutti conoscono il lago di Braies per le sue splendide acque, pochi invece indagano sul suo passato. Ecco per voi qualche cenno storico risalente all’epoca del Nazismo che è bene non dimenticare (link).
Le geometrie delle piramidi di terra
Nella quinta tappa vi portiamo in un luogo insolito: le piramidi di terra. Sì, avete letto bene. In Sudtirol ne troverete vari esempi. Noi abbiamo visitato quelle di Perca, un vero capolavoro architettonico della natura. Conoscete la loro storia? L’origine della piramidi di terra di Perca è naturale e risale a centinaia di anni fa quando, in seguito ad un nubifragio, si formò una frana che interruppe la mulattiera che univa il maso “Thalerhof” e Sopranessano. Nel 1882 si verificò nuovamente un forte temporale che causò una grande spaccatura. In seguito all’azione di dilavazione ed erosione dei pendii sassosi si crearono delle colonne argillose sormontate da grandi pietre. Come potrete immaginare, le piramidi di terra sono in costante mutamento.
Piramidi di terra – Perca
Piramidi di terra – Perca
Per raggiungerle potrete seguire il sentiero che attraversa il bosco, partendo dal Café Piramidi (Perca) oppure il sentiero 16 A che parte dall’albergo Schoenblick e passa su strada asfaltata. I sentieri si incrociano prima dell’accesso alle Piramidi di terra e in entrambi i casi occorrono all’incirca 45 minuti per raggiungerle.
Dove soggiornare e dove mangiare
San Candido
Quasi al confine con l’Austria si trova questo incantevole paesino. Merita una visita la Collegiata, realizzata in stile romanico, dove è presente una statua lignea eseguita nel 1250 circa, di notevole importanza artistica e storica. San Candido offre molte attività all’aria aperta sia nel periodo estivo che in quello invernale. E’ una città adatta anche a famiglie con bambini: a pochi chilometri dal centro, prendendo la seggiovia potrete sperimentare il fun bob: la più lunga pista da bob su rotaia in Alto Adige (tutto le info sul sito https://www.trecime.com/it/le-attivita/in-estate/funbob.html). Noi abbiamo soggiornato al Residence Silvia che si trova proprio nel centro di San Candido. Appartamenti spaziosi e molto puliti, super consigliato!
Se soggiornate a San Candido ecco una lista di ristoranti in cui cenare:
Ciao trekking lovers, avete già programmato le vacanze per questa estate? Se ancora non avete deciso la vostra meta, e siete amanti del trekking e della natura, quella che sto per descrivere è la destinazione giusta per voi.
Il Parco Naturale Adamello Brenta venne istituito nel 1967 ed è oggi la più ampia area protetta del Trentino: comprende i gruppi montuosi dell’Adamello e del Brenta. Quest’area gode di una ricchezza faunistica straordinaria: l’animale simbolo del Parco è l’orso bruno, in passato giunto quasi all’estinzione e oggi in espansione grazie ad un apposito intervento di reintroduzione. Entrando nel parco è impossibile non rimanere conquistati dalla bellezza dei paesaggi incontaminati che caratterizzano questo territorio. Nel periodo estivo le attività che si possono svolgere sono innumerevoli: escursioni guidate o in solitaria, visite a mostre locali, ai paesini o alle malghe, custodi delle tradizioni culturali ed enogastronomiche di questa parte di Trentino.
Come raggiungere il Rifugio XII Apostoli
Se volete trascorrere un weekend alla scoperta dei sentieri del Parco Adamello Brenta questo è il momento giusto per farlo.
Noi abbiamo deciso di seguire un sentiero impegnativo ma altrettanto spettacolare: il percorso che dalla malga Movlina conduce al Rifugio XII Apostoli. Il trekking è lungo e intenso perciò consiglio di percorrerlo soltanto a persone che hanno un buon allenamento.
Per compiere questa nostra ennesima avventura abbiamo deciso di soggiornare all’albergo Brenta situato proprio all’interno del Parco, nella Val d’Algone. E’ qui che si trova il varco che permette alle auto di salire in quota, raggiungendo il parcheggio vicino la malga Movlina (il sabato e i giorni festivi è previsto il pagamento di un piccolo pedaggio per l’accesso all’area). I più temerari iniziano il sentiero dall’Albergo Brenta arrivando in cima dopo ben 5 ore di cammino. Noi abbiamo deciso di percorrere i primi 4 km il giorno del nostro arrivo in Trentino (venerdì pomeriggio) in modo da allenare un po’ le gambe, lasciando così la parte più difficile e lunga per il giorno successivo (sabato). Questa parte di sentiero non presenta particolari difficoltà ed è per la maggior parte immerso nel bosco. Lungo il sentiero vi imbatterete nella malga Nambi dove potrete assaggiare il loro yogurt e i prodotti tipici del territorio. Purtroppo quando siamo passati noi era chiusa.
Val D’algone – Malga Nambi
Val D’algone
Val D’algone – io e Balù
Il sabato dopo colazione, all’incirca verso le 8.15, partiamo in macchina e ci dirigiamo al parcheggio nei pressi della Malga Movlina (mt 1786). Per raggiungerlo abbiamo impiegato più di 20 minuti, nonostante la distanza fosse poca: la strada è stretta e soltanto in alcuni punti asfaltata.
Da qui inizia il percorso che ci condurrà al rifugio XII Apostoli (sentiero CAI n.354). Il primo tratto è sterrato e in 5 minuti si raggiunge la malga Movlina dove troverete mucche, cavalli e capre al pascolo: qui si può godere di una vista mozzafiato sulla Presanella e sul Brenta. Si prosegue all’interno del bosco: in questo tratto il sentiero non presenta particolari difficoltà. Dopo circa 35 minuti di cammino, con diversi saliscendi, potremmo ammirare sulla sinistra il lago di Valagola.
Sentiero Rif. XII Apostoli – Malga Movlina
Sentiero Rif. XII Apostoli – Lago di Valagola
Proseguendo si arriva a Pian De Nardis (1822mt): una piana sovrastata dalle imponenti Dolomiti di Brenta. Qui si imbocca il sentiero CAI n.307 in direzione Rif. XII Apostoli: ci rimane la parte più dura del percorso, con ben 600 metri di dislivello. Se si guarda bene in alto, proprio davanti a noi, si può scorgere il rifugio: sembra quasi impossibile che ci sia un sentiero per raggiungerlo.
Sentiero Rif. XII Apostoli – Plan De Nardis
Seguiamo il percorso e iniziamo a salire tra massi e rocce, sempre più ripidamente. Il sentiero sale velocemente di quota e passa attraverso un tratto attrezzato, chiamato Scala Santa: qui, come in altri punti, troverete un cordino di ferro che facilita la salita. Vi invito a fare molta attenzione in questi tratti che sono più esposti. Proseguendo ci si trova davanti ad un’immensa distesa di ghiaia che ci accompagnerà per gli ultimi chilometri del percorso. La fatica è tanta ma viene ricompensata dalla spettacolare vista. A pochi passi dall’arrivo addirittura sono ancora presenti residui di neve.
Sentiero Rif. XII Apostoli – Scala Santa
Sentiero Rif. XII Apostoli – Ghiaione
Sentiero Rif. XII Apostoli – Vista sulla Valle
Dopo circa 3.30 ore finalmente arriviamo al rifugio XII Apostoli (2487 mt): un vero spettacolo! Le gambe sono stanche, il sole picchia ma l’emozione di trovarsi in cima compensa tutta la fatica fatta fino a quel momento. Panino e birra fresca sono il tocca sana per riprendersi dopo il lungo cammino. Non lontano da noi scorgiamo una chiesetta dedicata ai caduti della montagna: un’opera d’arte incastonata nella roccia.
Rif. XII Apostoli
Sentiero Rif. XII Apostoli – Quasi arrivati
Sentiero Rif. XII Apostoli – chiesetta dedicata ai caduti di guerra
Purtroppo è già ora di rimettersi in marcia, il ritorno sarà più veloce ma richiede comunque molta attenzione. Potrete decidere di ripercorrere lo stesso sentiero o effettuare il giro ad anello optando per il n. 341. Il proprietario del rifugio ci consiglia di scendere dallo stesso percorso e noi gli diamo retta: “mai lasciare la strada vecchia per quella nuova” dice lui. In realtà poi abbiamo scoperto che l’altro sentiero sarebbe stato leggermente più lungo ma più semplice: peccato, sarà per la prossima volta!
Sentiero Rif. XII Apostoli – Verso l’infinito e oltre
PS: ricordatevi assolutamente di portare con voi la crema solare, altrimenti rischierete una bella scottatura come la sottoscritta che se l’è dimenticata al rifugio 🙂
E’ sul Carpegna che ho preparato tante mie vittorie…Il Carpegna mi basta.
Una frase, pronunciata dal campione Marco Pantani, che ci ha spronato ad affrontare le salite del monte Carpegna: non come lui, in sella alla bicicletta, ma a piedi, lungo i sentieri di questa stupenda montagna.
Siamo nel Montefeltro, immersi nel Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, territorio di grande bellezza. Qui si trova Carpegna, terra di santi e di condottieri, che con l’omonimo monte domina l’intera valle.
Punto di partenza dell’escursione è la frazione San Pietro, nei pressi di una chiesetta, dove troverete a pochi passi da voi una cartina del parco e i segnavia CAI. Percorreremo il sentiero 101 che collega il paese di Carpegna con l’Eremo di Monte Carpegna, attraversando un’ampia zona boscata ed il panoramico Passo del Trabocchino.
Il primo tratto del percorso è piuttosto semplice. Si parte camminando su una piccola via circondata da recinzioni per poi inoltrarsi, dopo qualche centinaio di metri, all’interno del bosco. In questo tratto la salita presenta pendenze contenute e il sentiero è ben segnalato.
Dopo circa 45 minuti si raggiunge la strada asfaltata che conduce al Cippo: cammineremo su un breve tratto della salita che Pantani percorreva durante i suoi allenamenti in Carpegna. Giunti al Cippo troverete un’area di sosta con un chiosco-bar e un campeggio.
Passato il rifugio del Corpo Forestale dello Stato, termina la strada asfaltata e ricomincia il sentiero all’interno del bosco (è necessario oltrepassare una catenella). Man mano che si prosegue il percorso si stringe e la salita diventa più ripida e faticosa: questo sarà il momento più duro dell’ascesa. Nel tratto finale il bosco si dirada e lascia intravedere le prime rocce che caratterizzano la parte più alta del versante.
Di lì a poco si raggiunge lo spettacolare Passo del Trabocchino. Tutta la fatica che avete fatto verrà ripagata dalla vista panoramica che vi attende in cima: in primo piano l’Eremo di Monte Carpegna, sullo sfondo i rilievi di Montecopiolo e di San Marino e la costa adriatica. Alle vostre spalle invece i sassi Simone e Simoncello, la dorsale dell’Alpe della Luna e i rilievi del Nerone e del Catria.
Il sentiero 101 prosegue dritto attraverso l’ampio prato, scendendo fino all’Eremo dedicato alla Madonna del Faggio nei pressi del quale sono presenti una fontana e un rifugio attrezzato, attivo nei mesi invernali.
Prima di percorrere la strada del ritorno stendetevi sul prato ad ammirare il panorama che vi circonda: godetevi appieno questi momenti perchè sono davvero unici!