Le Grotte di Onferno: viaggio nella Romagna sotterranea

In questo periodo così complesso, che come uno tsunami ci ha travolti in maniera improvvisa, una cosa l’ho imparata: non posso fare a meno del contatto con la natura. Non solo perché questo mi consente di stare bene ma anche, e soprattutto, perché non si dovrebbe mai smettere di esplorare il territorio che ci circonda. La conoscenza ci rende più consapevoli e questo, sono convinta, ci può spronare ad avere comportamenti maggiormente responsabili e sostenibili.

Abbiamo inaugurato il 2021 scegliendo un luogo molto particolare.
Ecco qualche indizio sulla destinazione: si trova al buio, è sottoterra ed è la casa di un piccolo mammifero che vola. Certo, le grotte: un habitat molto fragile ma veramente suggestivo. La regione Emilia-Romagna ne ospita diverse, ognuna con proprie peculiarità. Soltanto una piccola parte sono visitabili, altre vengono unicamente studiate e ammirate dagli speleologi.  
La scoperta di questo meraviglioso mondo sotterraneo inizia dalla Riserva Naturale Orientata di Onferno, a Gemmano, cittadina nella media Valle del Conca, nelle basse colline riminesi. L’area naturale protetta fu istituita nel 1991 al fine di tutelare un piccolo complesso carsico caratterizzato da grotte, doline, inghiottitoi, rupi e vallecole.

Dell’antico borgo di Gemmano, dove un tempo sorgeva il castello, rimangono soltanto pochi resti della cinta muraria. L’intera cittadina venne distrutta durante la seconda guerra mondiale quando il borgo, situato lungo la Linea Gotica, fu protagonista di una breve ma cruenta battaglia.
Fino agli inizi del ‘900 l’antico borgo era chiamato Inferno. Un nome sinistro, dovuto alle fumate di vapore che nei mesi invernali, specialmente al crepuscolo, fuoriuscivano dalle rocce facendo pensare all’esistenza di un mondo infernale nel sottosuolo cittadino. Soltanto 1916, con la prima spedizione speleologica in grotta, si è compreso questo fenomeno, legato alla differenza termica tra l’interno della grotta e l’esterno. Tra le attività principali del borgo vi erano l’estrazione e la cottura del gesso, protrattesi fino agli anni Cinquanta del secolo scorso.

L’ambiente a ridosso delle grotte presenta caratteristiche morfologiche differenti. Dalle ripide pareti della Ripa della Morte fino alle zone calanchive costituite principalmente da argille.

A pochi passi dall’antico borgo si trova l’entrata delle Grotte di Onferno.
Il centro visita, situato nell’antica pieve di Santa Colomba, è il punto di riferimento per le visite guidate alla grotta e le escursioni lungo i sentieri della Riserva.
Prima di partire per il tour, la guida ci munisce di caschetto con pila per attraversare le grotte in piena sicurezza. Vi consiglio di vestirvi con indumenti caldi ed impermeabili perché la temperatura all’interno delle grotte è di circa 12 -15°C e di indossare scarpe da trekking per avere maggiore stabilità durante il percorso.
Prima di raggiungere l’entrata delle grotte, percorriamo un brevissimo tratto all’interno del bosco: nonostante sia inverno la natura ci regala innumerevoli sorprese. Siamo circondati da roverelle, aceri, arbusti di pungitopo e da bellissimi bucaneve, rari da ammirare a questa altitudine. Ma ecco che a 20 metri da noi, nella cavità di una quercia, riposa un bellissimo esemplare di allocco. Man mano che ci avviciniamo all’entrata delle grotte la vegetazione cambia: notiamo sempre più spesso la presenza di felci. Giunti all’ingresso accendiamo le torce e siamo pronti per il tour in cavità.

La guida ci illustra le caratteristiche geologiche delle Grotte di Onferno: un sistema ipogeo di gesso selenitico, formatosi dall’azione carsica compiuta da due rii provenienti dal Monte Croce. È una formazione relativamente giovane, in continua evoluzione e fragile per via del substrato roccioso che le caratterizza. All’interno delle Grotte di Onferno non troverete stalattiti o stalagmiti perché l’acqua che si infiltra in grotta scorre velocemente, impedendo il rilascio di depositi calcarei.
Nel primo tratto dell’itinerario, lungo il torrente, si percorrono gallerie con pareti verticali modellate dall’acqua in forme sinuose. Successivamente si incontrano le tipiche concrezioni calcaree delle grotte gessose, le più estese di un acceso colore arancio per la presenza di ossidi di ferro.

La grotta ospita una fauna tipica e specializzata. I padroni di casa sono sicuramente i chirotteri, comunemente noti come pipistrelli, per i quali la grotta rappresenta un rifugio in cui riposare e riprodursi.  Li possiamo ammirare lungo tutto il percorso, in fase di ibernazione. Tipicamente vivono in colonie ma potremmo vederne anche alcuni solitari. Le grotte di Onferno ospitano la più importante colonia di pipistrelli della regione: se ne contano circa 8000 esemplari, 7 diverse specie tra le quali il rinolofo maggiore, minore ed euriale, il vespertilio e il miniottero. La guida ci ha illustrato, passo dopo passo, le caratteristiche di questi piccoli ma importantissimi mammiferi volanti: rimarrete sorpresi da ciò che apprenderete in pochissimo tempo.

Siamo stati molto soddisfatti di questa visita in grotta. La guida, molto disponibile e competente, ha illustrato al gruppo in maniera esaustiva le principali caratteristiche di questo particolare habitat. Consiglio a tutti di dedicare un po’ di tempo per conoscere in maniera più approfondita questi luoghi, così lontani dalla nostra vita ordinaria ma così importanti per l’intero ecosistema. 

Informazioni pratiche

Dove: Grotte di Onferno, Gemmano (RN) – Centro visita presso Pieve di Santa Colomba
Come: Visita delle grotte solo su prenotazione
Costo della visita guidata: € 10 adulti / € 8 fino 12 anni e over 65
Durata della visita: 1 ora
Abbigliamento: indumenti impermeabili e scarpe da trekking

Un tuffo nella Storia con Elsa Morante

La storia di Elsa Morante è un romanzo complesso. Lento nelle prime 100 pagine, struggente e commovente in quelle successive. La scrittrice descrive in maniera superba momenti di straordinaria complessità attraverso gli occhi dei protagonisti.

Roma: prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale. La capitale dell’arte, della bellezza, della storia: sfregiata, umiliata, ferita per mano dell’avidità umana. Elsa Morante ci accompagna con mano nella Roma dei ghetti, all’interno dei quartieri popolari, mostrandoci luoghi lontani dalla ricchezza e dallo sfarzo.
Seguiamo da vicino le vicende di Ida Ramundo, maestra elementare, dei suoi figli Useppe e Ninnuzu, e di Davide Segre, partigiano e grande ideologista.
Elsa Morante racconta la storia vissuta, dettagli di vita che spesso non troviamo nei libri di scuola. Lascia spazio unicamente agli emarginati, descrivendone la quotidianità fatta di riti, paure, ingiustizie ma anche di sorrisi e di solidarietà. Così facendo, crea un perfetto affresco della realtà dell’epoca.
La guerra ha effetti devastanti sulla vita di tutti gli esseri umani. La pace, tanto sperata, arriva portando nella vita delle persone soltanto una parvenza di tranquillità. Gli animi rimangono in tumulto: permane quel labile confine tra vita e morte, che non se ne andrà per tutto il romanzo.

“Tutti i semi sono falliti eccettuato uno, che non so cosa sia, ma che probabilmente è un fiore e non un’erbaccia.”

— Antonio Gramsci

Un libro che non ti aspetti, pieno di realtà e di vita vissuta.
Elsa Morante attraverso La Storia ci porta in viaggio tra volti e voci di un’epoca che ormai sembra lontana. Un tuffo nel passato fatto di ricordi, spesso dolorosi, ma fondamentali per rimanere ancorati alla vita. Un’occasione di memoria che tutti noi dovremmo cogliere.

Un libro memorabile che appena terminato lascia nel lettore una sensazione di vuoto e di malinconia che solo i grandi libri hanno il potere di trasmettere.

Nel cuore della Valtellina

Approfittando delle ferie pasquali, trascorro insieme al mio compagno Andrea qualche giorno in Valtellina alla ricerca di relax e del buon cibo. Partiamo da Poggio Torriana (un paesino vicino a Rimini) venerdì all’ora di pranzo. Imbocchiamo l’autostrada A14 e in circa 3 ore arriviamo a Milano. Siamo diretti a San Giovanni di Teglio, piccola frazione montana in provincia di Sondrio, dove ad attenderci c’è l’appartamento di mio suocero. Da Milano percorriamo circa altri 150 chilometri e alle 18.00 arriviamo a destinazione.
Ceniamo alla Trattoria Olmo, situata nel centro di Sondrio. Un locale molto accogliente, dove poter mangiare piatti della tradizione valtellinese come gli sciatt: frittelline croccanti, dalla forma tondeggiante, a base di farina di grano saraceno e formaggio Casera, serviti su un letto di insalata di cicoria.

Centro di Sondrio e Livigno
Dedichiamo il sabato mattina alla visita di Sondrio. Dalla stazione centrale ci perdiamo lungo le vie del centro dove si svolge il mercato settimanale, fino ad arrivare a Piazza Garibaldi, fulcro della vita cittadina. Basta alzare lo sguardo per rimanere incantati dalla natura che sovrasta la città: le magnifiche Alpi circondano Sondrio, creando una perfetta immagine da cartolina.
Verso le 11 lasciamo la provincia lombarda per dirigerci a Livigno. D’inverno, quando il passo Forcola è chiuso, è possibile raggiungere la città passando soltanto dall’Italia, attraverso il passo del Foscagno. D’estate invece vi consiglio di raggiungere Livigno dalla Svizzera: il tragitto è più breve e potrete ammirare a più riprese i paesaggi attraversati dal trenino del Bernina.
Raggiungere Livigno in questa stagione è sempre una fantastica sorpresa: metri e metri di neve affiancano il nostro percorso, l’aria è frizzantina e la primavera sembra ancora lontana.

Giunti in città, ci avventuriamo per le vie del centro e, vista l’ora, decidiamo di pranzare al Ristorante Pizzeria Cànoa. Ordiamo due pizze e sperimentiamo la birra artigianale “1816 – La birra di Livigno“: ottima scelta (se volete assaggiare tutte le varietà di birra, vi consiglio di recarvi al loro pub che si trova in Via Pontiglia 37). Appagati dal pranzo dedichiamo il pomeriggio ad un po’ di shopping per le vie del centro. A Livigno troverete prodotti ad un prezzo più basso rispetto a quello italiano perché esenti da iva. La differenza maggiore la noterete sicuramente nel costo del carburante.
Curiosi di ammirare il Lago del Gallo (o di Livigno), anche nel periodo primaverile, ci allontaniamo di qualche chilometro dal centro città. Rispetto al paesaggio estivo, quello che ci troviamo davanti è un luogo brullo, ancora immerso nel torpore invernale. Il lago è completamente ghiacciato e al posto di un manto erboso c’è soltanto terra.

Lago del Gallo

Stanchi ma soddisfatti per la bellissima giornata, ritorniamo a Teglio. Ceniamo al “Ristorante La Botte” che si trova a Tirano. Ordiamo un piatto di pizzoccheri (tipica pasta valtellinese realizzata con farina di grano saraceno, condita con formaggio Casera, burro, verza e patate) e un piatto di gnocchetti di grano saraceno con asparagi, mandorle e pancetta: una delizia.

Parco delle incisioni rupestri di Grosio
Dedichiamo l’intera domenica alla scoperta del Parco delle incisioni rupestri di Grosio, un ambiente naturale che racchiude importanti testimonianze storiche del passato valtellinese: un viaggio tra arte rupestre, archeologia, castelli e natura.

Parco delle Incisioni Rupestri d Grosio

La visita dei castelli può essere fatta in autonomia e gratuitamente mentre per quel che riguarda la rupe Magna, che racchiude le incisioni rupestri, è necessaria una visita guidata. In attesa di scoprire l’arte rupestre, si avventuriamo alla scoperta dei castelli. Il primo che troviamo sul nostro cammino è il Castello Nuovo, costruito attorno al 1350 dai Visconti di Milano, per motivi difensivi: a testimonianza di ciò il castello presenta una doppia cinta di mura e una torre interna fortificata chiamata donjon.
In prossimità del Castello Nuovo, sulla sommità meridionale del colle, sorgono i resti del Castello di San Faustino risalente al X-XI secolo. All’interno delle mura del “castello vecchio” sono visibili il campanile (restaurato agli inizi del ‘900) e due sepolture altomedievali ricavate nella roccia. Questo castello, più che una funzione difensiva, rappresentava un’affermazione di potere del feudatario di Grosotto e Grossura.

Ci fermiamo un’oretta nell’area pic-nic per il pranzo e verso le 14.00 ci rechiamo al centro informazioni dove acquistiamo il biglietto per la visita guidata alla rupe Magna (costo 5€). Ne approfittiamo per visitare l’Antiquarium dove sono esposti i reperti ritrovati dagli scavi archeologici condotti sul Dosso dei Castelli e sul Dosso Giroldo negli anni ’90. All’interno del museo si trovano prevalentemente oggetti ceramici, che hanno permesso di definire le caratteristiche degli insediamenti protostorici individuati sui due Dossi, inquadrandone la nascita e lo sviluppo, tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (XVI-II/I sec. a.C.).
Insieme a Gottfried, archeologo e guida del parco, iniziamo il tour guidato alla scoperta dell’arte rupestre. Dopo una breve introduzione ci viene illustrata, in maniera chiara ed esaustiva, la Rupe Magna una delle più grandi rocce incise dell’arco alpino. I temi rappresentati vanno dalle figure antropomorfe (oranti, armati e lottatori), a quelle di animali, dalle figure geometriche alle coppelle, fino ad oggetti della vita quotidiana (ad esempio, i rastrelli). Queste incisioni sono databili tra la fine del Neolitico (IV millennio a.C.) e l’età del Ferro (I millennio a.C.). Ammirare da vicino queste creazioni è stata un’esperienza unica, da togliere il fiato: 6.000 anni di storia in una sola roccia, illustrata in maniera coinvolgente e interessante dalla nostra guida. Il tour però non termina qui. Gottfried prosegue illustrandoci velocemente anche i due castelli, mettendo in risalto alcuni particolari difficilmente individuabili attraverso una visita autonoma del parco.

Terminato il nostro viaggio nella storia, ringraziato Alessandro e Gottfried per la bellissima esperienza, torniamo a Tirano per gustarci un buon gelato e scambiarci opinioni a caldo su quanto appena visto.
Prima di cena Andrea mi mostra un posto incantevole a pochi passi dal centro abitato di San Giovanni di Teglio. In mezzo al bosco, ad una decina di minuti di cammino, si trova una cascatella che ci rinfresca dopo un’intensa giornata passata sotto il sole.
Terminiamo la giornata con una cena a base di pizza presso il “Ristorante 7 Archi” a Chiuro.

Castel Grumello
L’ultimo giorno di vacanza parte lentamente. Sveglia alle 9, colazione con cappuccino e brioche alla pasticceria Mosconi a Villa di Tirano. Dedichiamo la mattinata ad un po’ di relax (in fondo siamo in vacanza). Pranziamo al ristorante La Svolta, a Castionetto. Per la prima volta assaggiamo i Chisciöi, frittelline piatte preparate con farina di grano saraceno e formaggio, fritte in olio o burro. Come secondo piatto ordiniamo una tagliata di manzo e un piatto di pizzoccheri (tanto per star leggeri).

Terminato il pranzo, decidiamo di fare una passeggiata a Montagna in Valtellina tra i ruderi del Castel Grumello. La Valtellina in passato fu luogo prediletto per la costruzione di fortezze e castelli per via della sua posizione strategica. Tra questi vi è il Castel De Piro al Grumello chiamato così perché edificato su un dosso roccioso (“grumo”). Costruito tra il XIII e XIV secolo per mano del ghibellino Corrado de Piro, venne parzialmente distrutto nel 1526 dalle Leghe Grigie. La struttura è divisa in due aree: una militare, situata ad oriente, (che presenta una torre a pianta quadrata con una funzione difensiva) e l’altra residenziale. Sullo sfondo si stagliano le Alpi Retiche, che rendono il paesaggio unico e mozzafiato. A pochi passi dal rudere, filari infiniti di viti vengono coltivati per la produzione del Valtellina Superiore Grumello DOCG.
Trascorso il pomeriggio tra cultura e natura, cena veloce a Castionetto, con una pizza per Andrea e un primo leggero per me.

Meleti in fiore

La Valtellina è un luogo incantevole, dalle mille risorse, sia culturali che enogastronomiche. Ci sarebbero ancora moltissimi luoghi da visitare, tantissimi sentieri da percorrere, ma purtroppo non ne abbiamo il tempo. Ci promettiamo di ritornare al più presto per ammirare da vicino le meraviglie che questo territorio offre.