Escursione al Monte Fumaiolo

Finalmente rimetto la scarpe da trekking! Abbiamo così tanti posti ancora da conoscere che fatichiamo a scegliere da dove partire. Dopo questi mesi di lockdown abbiamo assolutamente bisogno di natura incontaminata.
Come prima escursione del 2020 scegliamo il Monte Fumaiolo. Non abbiamo mai fatto trekking da quelle parti quindi cerchiamo di acquisire qualche nozione da chi ci è stato prima di noi.

La partenza è programmata per sabato 30 maggio (sono super felice!) ore 11.30 da Poggio Torriana (RN). Arriviamo alle Balze (fraz. del comune di Verghereto FC) alle 12.35 circa.
Parcheggiamo la macchina davanti all’albergo Monte Fumaiolo e da lì imbocchiamo il sentiero CAI n. 104 in direzione della sorgente del Tevere. Dopo tanto tempo il primo contatto con la natura è davvero molto emozionante: sin dall’inizio del sentiero si apre una distesa di faggi da rimanere a bocca aperta. Sicuramente sarebbe molto suggestivo dedicare a questo percorso una giornata autunnale per ammirare il ‘foliage’. Il sentiero è ben curato e adatto a tutti. Una serie di gradoni ci conducono verso la sorgente che si trova a 10 minuti di cammino.
Arrivati a destinazione (1268 slm) scattiamo qualche foto di rito e leggiamo che un tempo la sorgente si trovava in Toscana. Fu Mussolini a spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo alla Romagna.


Continuiamo il percorso in direzione del valico del Monte Fumaiolo (1400 slm) che si trova a circa 15 minuti di cammino. Arriviamo al Fumaiolo Paradise Hotel dove ci fermiamo per una breve pausa. La zona oltre che essere meta prediletta per gli escursionisti lo è soprattutto per i motociclisti. Sono tanti quelli che si fermano al valico per un pranzo o semplicemente per ammirare il panorama.
Attraversiamo la strada e ci dirigiamo verso la vetta dal Monte Fumaiolo (circa 10 minuti di cammino). A differenza del precedente sentiero, più turistico, questo acquista tutte le caratteristiche di un vero itinerario di montagna. A circa metà del percorso c’è un bivio: per arrivare alla cima bisogna imboccare il sentiero CAI n. 106. Arrivati sulla vetta del Monte Fumaiolo rimaniamo un po’ delusi: eravamo convinti di poter ammirare un bel panorama e invece veniamo sorpresi da un’imponente antenna telefonica.

Ripercorriamo il sentiero al contrario e al bivio decidiamo di dirigerci in direzione dei ‘Sassoni‘ riprendendo così il percorso CAI n.104.
A una decina di minuti di cammino arriviamo al punto panoramico dei Sassoni. Qui ammiriamo un panorama veramente mozzafiato!! Le foto parlano da sole..

Il cielo minacciava pioggia (il tempo in montagna cambia veramente con grandissima rapidità!). Per evitare di camminare nel bosco durante un temporale scegliamo di ritornare indietro percorrendo sempre lo stesso sentiero. In alternativa avremmo potuto continuare in direzione Balze, ma ci avremmo impiegato più di un’ora e mezza a tornare al parcheggio.
Dopo circa 30 minuti raggiungiamo la macchina e anziché piovere ritorna un bellissimo sole. Non ci facciamo sfuggire l’occasione e decidiamo di raggiungere la Cascata del Tevere distante circa 20 minuti di cammino. Riprendiamo il sentiero CAI n. 104 però questa volta in direzione Balze intraprendendo così una piccola parte del Cammino di San Vicinio.
Dal parcheggio attraversiamo la strada e percorriamo circa 200 mt sul percorso asfaltato per poi addentrarci nel bosco. Arrivati al primo bivio giriamo a destra e troviamo a 100 mt un pascolo pieno di mucche. Continuiamo per altri 5 minuti e giunti all’ultimo bivio (prima della cascata) imbocchiamo il sentiero CAI n. 106: non potete sbagliarvi perché per proseguire bisogna oltrepassare un recinto con una scala di legno fissa. Ed ecco che dopo 5 minuti si arriva alla bellissima cascata del Tevere.
Dopo qualche foto di rito e una breve pausa riprendiamo il sentiero per tornare alla macchina.

Torniamo a casa, dopo 8 km di cammino, super felici e rilassati. Ho ancora negli occhi quei bellissimi paesaggi che mi accompagneranno fino alla prossima escursione.

Riflessioni ai tempi del lockdown

E’ trascorso poco più di un mese dal mio ultimo viaggio, dal mio ultimo pranzo al ristorante, dalla mia ultima passeggiata. All’inizio molti di noi hanno faticato ad abituarsi ad uno spazio ristretto, ai divieti, alla mancanza degli affetti più cari. Alcuni hanno scoperto lo “smart working” altri invece stanno attendendo un nuovo decreto per poter tornare a lavorare. Eppure questi trenta giorni – che probabilmente diventeranno sessanta – ci hanno aiutati a riflettere su aspetti delle nostra vita che l’eccessiva frenesia quotidiana non ci permetteva di fare.

I libri sono stati gli aiutanti più importanti di questa mia quarantena. Dal Giappone di Haruki Murakami e di Inoue Yasushi, sono volata a Parigi con Missiroli, fino in Russia con “Guerra e Pace” di Tolstoj. Un viaggio con la mente che mi ha sostenuta e fatto sognare in questo periodo di lontanza dal mondo esterno.

A proposito di viaggi. Tutto questo tempo mi ha dato modo di riflettere su come e se cambierà il nostro modo di viaggiare. Oggi il turismo sta attraversando un periodo di grande difficoltà che, ne sono certa, saremo in grado di superare a testa alta. Per farlo serve l’aiuto di tutti, anche di noi semplici cittadini. Come? Per esempio scegliendo mete italiane, privilegiando i nostri entroterra e le strutture ricettive che tanto li caratterizzano. Attivando una campagna di promozione del territorio  all’estero per incentivare i turisti stranieri ad amare come una volta, se non di più, la nostra terra.
Ma come viaggeremo? Come affronteremo, d’ora in avanti, il sovraffollamento di alcune mete turistiche? Contingentando le presenze in città come pensato a Venezia? Perchè anche il turismo di massa, cari lettori, può compromettere le bellezze dei nostri territori, deturpando città simbolo dell’arte e della bellezza a livello mondiale.
Soltanto il tempo ci mostrerà come poter rispondere a queste domande.

Una cosa che tutti potremmo fare d’ora in avanti è viaggiare in maniera più consapevole. Utilizziamo il nostro tempo per documentarci, per progettare la prossima vacanza, la nostra prossima fuga dalla quotidianità. Non smettiamo di sognare solo perchè costretti a stare in casa. Restiamo attivi, prima o poi tutto questo finirà. E allora dovremmo ripartire e lo potremmo fare con grinta e convinzione solo se abbiamo già in mente come affrontare il futuro.

Intanto io mi immagino già a 2000 metri, zaino in spalla, scarpe da trekking, a respirare aria pura e ad ammirare un magnifico panorama dopo una lunga camminata tra i boschi.

Alla scoperta della Slovenia

State pensando dove trascorrere questi ultimi giorni di vacanza? Tra le mete da non perdere segnatevi la Slovenia, destinazione turistica apprezzabile in qualsiasi stagione dell’anno. Dalle verdi vallate incorniciate da maestose cime rocciose al limpido mare Adriatico il passo è breve: in meno di un’ora di distanza la Slovenia offre paesaggi variegati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti i turisti.
Io e Andrea abbiamo solo 4 giorni per scoprire le bellezze di questo territorio perciò optiamo per un hotel a Portorose per poi spostarci in macchina per le varie escursioni.

Grotte di Postumia e Castello di Predjama

Partenza da Rimini alle 5:30. Vogliamo sfruttare ogni singolo minuto di questi pochi giorni di vacanza e le prime luci dell’alba sono il momento migliore per viaggiare. Arrivati a circa 30 km dal confine acquistiamo la “Vinjeta“, il bollino che serve per circolare sulle autostrade slovene. Lo trovate in dogana, in tutti i benzinai o tabaccherie della Slovenia ma potrete acquistarlo anche negli autogrill vicino al confine. Il costo per una settimana è di 15€.
Siamo diretti al Park Postojnska Jama dove visiteremo le Grotte di Postumia e il Castello di Predjama. In 5 ore arriviamo a destinazione e ad attenderci c’è un caldo pazzesco. Lasciamo la macchina all’interno del parcheggio del Parco (costo 5€ al giorno) e ci dirigiamo verso la biglietteria che si trova a pochi minuti a piedi. Sul sito del Parco leggiamo che vi è anche la possibilità di fare i biglietti online ma alla fine decidiamo di acquistarli in loco fidandoci delle numerose recensioni positive sulla velocità degli operatori di biglietteria: alla fine siamo stati premiati. Per una fila di 30 persone il tempo di attesa è stato solo di 10 minuti. Il prezzo intero per un adulto per la visita delle grotte e del castello, in alta stagione, è di 38,50€, comprensivo anche di transfer per raggiungere il castello (le altre tariffe le trovate sul sito https://www.postojnska-jama.eu/it/biglietti/). Un quarto d’ora prima dell’ingresso alle grotte, previsto per le ore 12, ci dirigiamo verso l’entrata dove veniamo smistati a seconda delle nazionalità. La quantità di gente che entrerà insieme a noi è impressionante: saremo all’incirca un centinaio. La guida ci spiegherà poi che le grotte di Postumia sono le più visitate al mondo. Vi ricordo che all’interno delle grotte vi è una temperatura costante di 10°C perciò è necessario indossare una felpa prima di entrare.
L’itinerario prevede un percorso di 3,7 km con un trenino elettrico e di 1 km a piedi. Le grotte di Postumia furono scoperte nel 1818 e aperte al pubblico l’anno successivo. Il trenino sotterraneo venne introdotto nel 1872 e rappresentò il primo esempio di ferrovia sotterranea al mondo.
Tutti a bordo, si parte! Attorno a noi si apre un nuovo misterioso mondo, quello delle grotte. Attraversiamo gallerie artificiali e naturali. Stalattiti e stalagmiti ci circondano ed è impossibile trattenere lo stupore. Giunti al termine del percorso ferroviario ci avviamo a piedi alla scoperta delle grotte. Il camminamento parte dalla cima del Monte Calvario dove la guida ci illustra l’evoluzione di questo ambiente sia dal punto di vista speleologico che storico. Ci spiega che sono necessari migliaia di anni per la formazione di queste spettacolari colonne calcaree. Dal Ponte russo raggiungiamo le Grotte belle, attraversando la Sala degli Spaghetti, chiamata così per la particolare forma delle stalattiti che impiegano 100 anni per crescere di appena 1 mm. La Sala bianca e la Sala rossa ci conducono fino alla Galleria del Brillante dove è presente il simbolo delle grotte. Lungo il percorso abbiamo l’occasione di vedere uno degli abitanti di questo mondo sotterraneo: il Proteo. Animale cavernicolo, vive nelle acque delle grotte. Si tratta di un anfibio con occhi atrofizzati, lungo circa 35 cm, che vive fino a 100 anni e che può resistere senza cibo per 10 anni. Raggiungiamo infine la Sala dei Concerti, una delle più spettacolari all’interno delle grotte: 3000 mq per 40 mt di altezza, può contenere fino a 10.000 persone e gode di un ottima acustica, tanto da essere utilizzata per eventi e concerti. Da qui si raggiunge il trenino elettrico per ritornare in superficie. Verso la fine del tratto ferroviario noterete delle pareti completamente annerite. La causa? L’esplosione di un deposito di diesel tedesco da parte dei partigiani.
Dopo il pranzo al sacco ci dirigiamo alla fermata dell’autobus (vicino alla biglietteria delle grotte) che ci condurrà al Castello di Predjama, che si trova a circa 20 minuti di distanza. Giunti a destinazione rimaniamo incantati dalla bellezza del castello e ci soffermiamo ad ammirarlo dalla terrazza panoramica: incastonato nelle rocce, rappresenta un intreccio tra elementi naturali e artificiali, una fortezza inespugnabile. In biglietteria ci forniscono l’audioguida in italiano che ci illustra, passo per passo, ogni stanza del castello: ben fatta! Interessante la leggenda di Erasmo di Predjama, il Robin Hood sloveno, che visse nel castello nel XV secolo dove si rifugiò dall’assedio dell’imperatore. Riuscì a resistere poco più di un anno. Un giorno infatti, mentre il cavaliere si recò in bagno, un servo infedele segnalò con una torcia ai nemici che potevano attaccare. Massi di pietra vennero catapultati contro la latrina provocando così la morte di Erasmo.
Durante il periodo estivo è possibile visitare anche la grotta sotto il Castello, chiusa al pubblico nei mesi invernali per permettere il letargo dei pipistrelli. Terminata la visita riprendiamo l’autobus che ci riporta a Postumia. Stanchi ma contenti ci dirigiamo al Boutique Hotel di Portorose che abbiamo prenotato con l’opzione B&B per tre notti: scelta azzeccatissima. Camera spaziosa, pulita e soprattutto con vista mare. Ceniamo alla Trattoria del Pescatore che si trova a qualche minuto a piedi dal nostro hotel. Porzioni abbondanti e ottimo pesce. Consiglio gli spaghetti allo scoglio: deliziosi!

Giornata di relax: tra Portorose e Pirano

Dedichiamo il secondo giorno di viaggio alla tintarella e al riposo. Dopo un’abbondante colazione, ci dirigiamo alla piscina dell’hotel dove ci vengono forniti asciugamani, lettini e ombrellone. Decidiamo di pranzare a Pirano, distante soltanto 3 km da Portorose. Parcheggiamo l’auto all’interno di un parcheggio a pagamento e prendiamo il bus navetta gratuito che ci conduce in centro. Fa veramente caldo e non riusciamo a goderci appieno questa graziosa località di mare. Giunti in Piazza Tartini scattiamo qualche foto di rito e ci dirigiamo in Piazza I Maggio dove pranzeremo al ristorante Delfin: fritto misto senza infamia e senza lode. Facciamo una passeggiata sul lungomare e notiamo che non ci sono spiagge attrezzate ma soltanto scogli dove stendere un telo da mare. In lontananza è ben visibile l’Italia. Esausti per il caldo eccessivo decidiamo di ritornare a Portorose per fare un tuffo in acqua e rilassarci al mare. Anche qui la maggior parte delle “spiagge” non è attrezzata: vi potrete stendere sulla banchina, su piccoli pontili o semplicemente sull’erba. Prima di cena ci rechiamo in spiaggia per vedere il tramonto: veramente molto romantico! Ceniamo alla pizzeria Rustika che, leggiamo su TripAdvisor, essere una delle migliori in zona. Assolutamente sconsigliata! Prima di recarci in albergo facciamo una breve passeggiata. Notiamo che Portorose rappresenta una destinazione turistica di rilievo per diversi target di turisti. Qui potrete trovare giovani, famiglie con bambini e anche amanti del gioco: la città infatti ospita alcuni casinò.

Lago di Bled

Alle 9:30 ci mettiamo in viaggio per raggiungere il lago di Bled che dista all’incirca 170 km da Portorose. Nella guida turistica leggo che è uno dei laghi più belli della Slovenia e che merita di essere visitato. Dopo quasi due ore di macchina arriviamo a destinazione, non prima di aver fatto una coda di 4 km per raggiungere il parcheggio libero più vicino. E’ agosto e per di più è domenica: il lago è invaso dai turisti e il tempo non è nemmeno dei migliori. Mi ero creata un’immagine mentale completamente diversa da quello che avevo di fronte a me. Il lago è affascinante ma non tanto da farci rimanere a bocca aperta. Decidiamo di percorre a piedi un tratto del sentiero che circonda il lago (lunghezza totale 6 km). Sono molte le persone che noleggiano una piccola imbarcazione o che salgono a bordo delle “Pletne”, barche tradizionali fabbricate da costruttori locali e note solamente a Bled, che permettono di raggiungere l’isola centrale o di navigare il lago. Tentiamo anche noi di noleggiare una piccola barca a remi ma la lista d’attesa è talmente lunga che avremmo dovuto prenotarla il giorno prima per poterne usufruire. Peccato, sarebbe stato molto bello raggiungere l’isola che ospita la chiesa gotica di S. Maria Assunta. Giunti all’incirca a metà del lago c’è un pontile dove ragazzi e adulti si tuffano per fare un bagno. Un po’ sconfortati torniamo indietro e ci fermiamo a pranzare all’Ostarija Babji zob dove mangiamo due primi e la Bled cake (Kremna Rezina): una vera bomba calorica! Due strati di pasta sfoglia racchiudono un ripieno a base di crema pasticcera sormontata da panna montata. Il tutto cosparso da zucchero a velo. Avevo messo in programma anche la visita al Castello di Bled e alla gola del Vintgar ma alla fine abbiamo optato per il ritorno a Portorose: avremmo altre occasioni per vedere questa regione della Slovenia e le meraviglie che ospita. Arrivati in hotel facciamo un tuffo in piscina e poi ceniamo al ristorante Porto Konoba dove sia servizio che cibo sono ottimi!
La nostra esperienza slovena termina qua. E’ stata una vacanza breve ma intensa. Sicuramente torneremo per visitare altre zone di questa stupenda destinazione turistica.

Trieste: alla scoperta dei musei scientifici

E’ il giorno della partenza. Lungo la strada del ritorno decidiamo di fermarci a Trieste, che dista solo 20 minuti da Portorose. Dedichiamo la mattinata alla scoperta del Civico Orto Botanico: veramente molto carino e ben curato, diviso in diverse aree tematiche ognuna descritta in maniera esaustiva. Consultando le brochure forniteci dal personale dell’Orto, veniamo a conoscenza della presenza di numerosi musei scientifici che decidiamo di visitare. Prima di pranzare ci rechiamo all’Aquario Marino della città di Trieste. “L’Aquario” propriamente detto si sviluppa al piano terra dove sono presenti una trentina di vasche di diverse dimensioni. Al primo piano invece è presente il Vivarium, dove vi sono numerose specie di anfibi, rettili con particolare riguardo alla fauna del Friuli Venezia Giulia. Pranziamo alla Trattoria Alla Vecia Pescheria con due buonissimi risotti ai frutti di mare. Sazi e felici, ci dirigiamo in macchina al Museo di Storia Naturale e ci restiamo per ben due ore! Davvero interessante poiché ospita al suo interno tre pezzi unici al mondo: lo squalo Carlotta, il più grande squalo bianco al mondo conservato in un museo, il dinosauro Antonio, il più completo in Europa e l’unico della sua specie nel mondo, e la mandibola di Lonche, primo esempio di otturazione dentale della storia dell’uomo. Inoltre lungo il percorso troverete collezioni di botanica, zoologia, mineralogia, geologia e paleontologia.
Si è fatto tardi, il museo sta per chiudere. Ci avviamo verso la macchina e purtroppo è ora di tornare a casa. Il nostro non è un addio a Trieste ma un arrivederci!

Nel cuore della Valtellina

Approfittando delle ferie pasquali, trascorro insieme al mio compagno Andrea qualche giorno in Valtellina alla ricerca di relax e del buon cibo. Partiamo da Poggio Torriana (un paesino vicino a Rimini) venerdì all’ora di pranzo. Imbocchiamo l’autostrada A14 e in circa 3 ore arriviamo a Milano. Siamo diretti a San Giovanni di Teglio, piccola frazione montana in provincia di Sondrio, dove ad attenderci c’è l’appartamento di mio suocero. Da Milano percorriamo circa altri 150 chilometri e alle 18.00 arriviamo a destinazione.
Ceniamo alla Trattoria Olmo, situata nel centro di Sondrio. Un locale molto accogliente, dove poter mangiare piatti della tradizione valtellinese come gli sciatt: frittelline croccanti, dalla forma tondeggiante, a base di farina di grano saraceno e formaggio Casera, serviti su un letto di insalata di cicoria.

Centro di Sondrio e Livigno
Dedichiamo il sabato mattina alla visita di Sondrio. Dalla stazione centrale ci perdiamo lungo le vie del centro dove si svolge il mercato settimanale, fino ad arrivare a Piazza Garibaldi, fulcro della vita cittadina. Basta alzare lo sguardo per rimanere incantati dalla natura che sovrasta la città: le magnifiche Alpi circondano Sondrio, creando una perfetta immagine da cartolina.
Verso le 11 lasciamo la provincia lombarda per dirigerci a Livigno. D’inverno, quando il passo Forcola è chiuso, è possibile raggiungere la città passando soltanto dall’Italia, attraverso il passo del Foscagno. D’estate invece vi consiglio di raggiungere Livigno dalla Svizzera: il tragitto è più breve e potrete ammirare a più riprese i paesaggi attraversati dal trenino del Bernina.
Raggiungere Livigno in questa stagione è sempre una fantastica sorpresa: metri e metri di neve affiancano il nostro percorso, l’aria è frizzantina e la primavera sembra ancora lontana.

Giunti in città, ci avventuriamo per le vie del centro e, vista l’ora, decidiamo di pranzare al Ristorante Pizzeria Cànoa. Ordiamo due pizze e sperimentiamo la birra artigianale “1816 – La birra di Livigno“: ottima scelta (se volete assaggiare tutte le varietà di birra, vi consiglio di recarvi al loro pub che si trova in Via Pontiglia 37). Appagati dal pranzo dedichiamo il pomeriggio ad un po’ di shopping per le vie del centro. A Livigno troverete prodotti ad un prezzo più basso rispetto a quello italiano perché esenti da iva. La differenza maggiore la noterete sicuramente nel costo del carburante.
Curiosi di ammirare il Lago del Gallo (o di Livigno), anche nel periodo primaverile, ci allontaniamo di qualche chilometro dal centro città. Rispetto al paesaggio estivo, quello che ci troviamo davanti è un luogo brullo, ancora immerso nel torpore invernale. Il lago è completamente ghiacciato e al posto di un manto erboso c’è soltanto terra.

Lago del Gallo

Stanchi ma soddisfatti per la bellissima giornata, ritorniamo a Teglio. Ceniamo al “Ristorante La Botte” che si trova a Tirano. Ordiamo un piatto di pizzoccheri (tipica pasta valtellinese realizzata con farina di grano saraceno, condita con formaggio Casera, burro, verza e patate) e un piatto di gnocchetti di grano saraceno con asparagi, mandorle e pancetta: una delizia.

Parco delle incisioni rupestri di Grosio
Dedichiamo l’intera domenica alla scoperta del Parco delle incisioni rupestri di Grosio, un ambiente naturale che racchiude importanti testimonianze storiche del passato valtellinese: un viaggio tra arte rupestre, archeologia, castelli e natura.

Parco delle Incisioni Rupestri d Grosio

La visita dei castelli può essere fatta in autonomia e gratuitamente mentre per quel che riguarda la rupe Magna, che racchiude le incisioni rupestri, è necessaria una visita guidata. In attesa di scoprire l’arte rupestre, si avventuriamo alla scoperta dei castelli. Il primo che troviamo sul nostro cammino è il Castello Nuovo, costruito attorno al 1350 dai Visconti di Milano, per motivi difensivi: a testimonianza di ciò il castello presenta una doppia cinta di mura e una torre interna fortificata chiamata donjon.
In prossimità del Castello Nuovo, sulla sommità meridionale del colle, sorgono i resti del Castello di San Faustino risalente al X-XI secolo. All’interno delle mura del “castello vecchio” sono visibili il campanile (restaurato agli inizi del ‘900) e due sepolture altomedievali ricavate nella roccia. Questo castello, più che una funzione difensiva, rappresentava un’affermazione di potere del feudatario di Grosotto e Grossura.

Ci fermiamo un’oretta nell’area pic-nic per il pranzo e verso le 14.00 ci rechiamo al centro informazioni dove acquistiamo il biglietto per la visita guidata alla rupe Magna (costo 5€). Ne approfittiamo per visitare l’Antiquarium dove sono esposti i reperti ritrovati dagli scavi archeologici condotti sul Dosso dei Castelli e sul Dosso Giroldo negli anni ’90. All’interno del museo si trovano prevalentemente oggetti ceramici, che hanno permesso di definire le caratteristiche degli insediamenti protostorici individuati sui due Dossi, inquadrandone la nascita e lo sviluppo, tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (XVI-II/I sec. a.C.).
Insieme a Gottfried, archeologo e guida del parco, iniziamo il tour guidato alla scoperta dell’arte rupestre. Dopo una breve introduzione ci viene illustrata, in maniera chiara ed esaustiva, la Rupe Magna una delle più grandi rocce incise dell’arco alpino. I temi rappresentati vanno dalle figure antropomorfe (oranti, armati e lottatori), a quelle di animali, dalle figure geometriche alle coppelle, fino ad oggetti della vita quotidiana (ad esempio, i rastrelli). Queste incisioni sono databili tra la fine del Neolitico (IV millennio a.C.) e l’età del Ferro (I millennio a.C.). Ammirare da vicino queste creazioni è stata un’esperienza unica, da togliere il fiato: 6.000 anni di storia in una sola roccia, illustrata in maniera coinvolgente e interessante dalla nostra guida. Il tour però non termina qui. Gottfried prosegue illustrandoci velocemente anche i due castelli, mettendo in risalto alcuni particolari difficilmente individuabili attraverso una visita autonoma del parco.

Terminato il nostro viaggio nella storia, ringraziato Alessandro e Gottfried per la bellissima esperienza, torniamo a Tirano per gustarci un buon gelato e scambiarci opinioni a caldo su quanto appena visto.
Prima di cena Andrea mi mostra un posto incantevole a pochi passi dal centro abitato di San Giovanni di Teglio. In mezzo al bosco, ad una decina di minuti di cammino, si trova una cascatella che ci rinfresca dopo un’intensa giornata passata sotto il sole.
Terminiamo la giornata con una cena a base di pizza presso il “Ristorante 7 Archi” a Chiuro.

Castel Grumello
L’ultimo giorno di vacanza parte lentamente. Sveglia alle 9, colazione con cappuccino e brioche alla pasticceria Mosconi a Villa di Tirano. Dedichiamo la mattinata ad un po’ di relax (in fondo siamo in vacanza). Pranziamo al ristorante La Svolta, a Castionetto. Per la prima volta assaggiamo i Chisciöi, frittelline piatte preparate con farina di grano saraceno e formaggio, fritte in olio o burro. Come secondo piatto ordiniamo una tagliata di manzo e un piatto di pizzoccheri (tanto per star leggeri).

Terminato il pranzo, decidiamo di fare una passeggiata a Montagna in Valtellina tra i ruderi del Castel Grumello. La Valtellina in passato fu luogo prediletto per la costruzione di fortezze e castelli per via della sua posizione strategica. Tra questi vi è il Castel De Piro al Grumello chiamato così perché edificato su un dosso roccioso (“grumo”). Costruito tra il XIII e XIV secolo per mano del ghibellino Corrado de Piro, venne parzialmente distrutto nel 1526 dalle Leghe Grigie. La struttura è divisa in due aree: una militare, situata ad oriente, (che presenta una torre a pianta quadrata con una funzione difensiva) e l’altra residenziale. Sullo sfondo si stagliano le Alpi Retiche, che rendono il paesaggio unico e mozzafiato. A pochi passi dal rudere, filari infiniti di viti vengono coltivati per la produzione del Valtellina Superiore Grumello DOCG.
Trascorso il pomeriggio tra cultura e natura, cena veloce a Castionetto, con una pizza per Andrea e un primo leggero per me.

Meleti in fiore

La Valtellina è un luogo incantevole, dalle mille risorse, sia culturali che enogastronomiche. Ci sarebbero ancora moltissimi luoghi da visitare, tantissimi sentieri da percorrere, ma purtroppo non ne abbiamo il tempo. Ci promettiamo di ritornare al più presto per ammirare da vicino le meraviglie che questo territorio offre.

La Rimini che vorrei…

É da mesi che avevo in mente di scrivere di Rimini, la città che mi ha ospitata e accolta durante i miei studi universitari. Un luogo meraviglioso, con un patrimonio culturale importantissimo, che non ha niente da invidiare alle più prestigiose capitali dell’arte italiana: ogni angolo della città profuma di storia. Teatro di importantissimi eventi storici, dei quali è possibile ancora oggi identificare i segni, Rimini è prevalentemente conosciuta nel mondo come meta balneare, destinazione turistica di massa dove le famiglie e i giovani di tutta Europa sono soliti trascorrere le loro vacanze estive.
Recentemente sono state intraprese strategie per rinnovare l’immagine stereotipata che dagli anni Cinquanta contraddistingue la città, investendo principalmente sulla riqualificazione del centro storico. Dall’apertura del cinema Fulgor, luogo amato dal regista Federico Fellini che lì vide il suo primo film, fino al Teatro Galli, bombardato durante la seconda guerra mondiale, e al Castello Sismondo che probabilmente ospiterà il museo dedicato al famoso regista romagnolo.
Ora è tempo di pensare ad una diversa promozione del territorio, è tempo che gli albergatori si impegnino a spiegare ai propri turisti che oltre al mare c’è di più. A nemmeno un chilometro dalla spiaggia si apre un museo a cielo aperto che vale la pena visitare.

C’è però ancora molto lavoro da fare. Persiste da anni il problema del passaggio dei veicoli sul ponte di Tiberio, costruito nel 14 d.C.. Un ponte di epoca romana che anziché essere chiuso al traffico e reso pedonale, soprattutto per motivi di preservazione storica, è ancora oggi utilizzato per il passaggio dei veicoli a motore.
D’altro canto il Ponte non è il solo a soffrire la mancanza di tutela. A pochi passi dal centro storico si trova l’anfiteatro romano, una delle testimonianze storico-archeologiche più rilevanti all’interno della nostra regione, che presenta evidenti problemi di conservazione e di accessibilità al pubblico. Pur essendoci due vincoli archeologici, all’interno dell’area persiste la presenza del CEIS (Centro Educativo Italo Svizzero) che non avrebbe ragion d’esistere per via del divieto di costruzione che dagli inizi del ‘900 grava su questa zona.

Cosa vedere a Rimini?

Di seguito il link al sito dedicato al turismo nella città romagnola dove troverete differenti percorsi tematici.

http://www.riminiturismo.it/visitatori/scopri-il-territorio/itinerari-e-visite/itinerari-storici/itinerari

Gli imperdibili:

  1. Ponte di Tiberio
  2. Arco d’Augusto
  3. Cinema Fulgor
  4. Piazza Tre Martiri e Piazza Cavour
  5. Anfiteatro Romano
  6. Castello Sismondo
  7. Teatro Galli
  8. Borgo di San Giuliano
  9. Tempio Malatestiano
  10. Porta Montanara
  11. Biblioteca Gambalunga

Ovviamente non potete lasciare Rimini senza aver prima assaggiato la piadina, il pane romagnolo per eccellenza, la pasta all’uovo (dai cappelletti alle tagliatelle), il tutto accompagnato da un ottimo bicchiere di Sangiovese.

Visitate Rimini: perdersi lungo i vicoli della città odierna sarà come fare un tuffo nel passato!

Saluti da Rimini!

San Martino tra profumi e sapori

Chi di voi non è mai stato ad una sagra o fiera di paese alzi la mano!

Impossibile resistere alla tentazione di camminare tra i vicoli della città e immergersi nella tradizione.

A Santarcangelo, paese di circa 20.000 abitanti situato nel cuore della Romagna, ogni anno, da tempo immemore, si svolge l’11 novembre la Fiera di San Martino o Fiera dei Becchi, chiamata così perché vengono appese all’arco di Piazza Ganganelli delle grandi corna. La tradizione vuole che oscillino al passaggio dei “becchi” cioè delle persone tradite. Dunque fate attenzione alle giornate di vento! In realtà non è chiara quale sia l’origine di questa usanza.

21273150_1773357986295189_5167891843658683963_o
Arco dedicato a Papa Clemente XIV dove vengono appese le corna durante la Fiera di San Martino

In passato le fiere erano considerate eventi importantissimi poiché durante il loro svolgimento era concessa la libera circolazione di persone, animali e merci. A Santarcangelo la Fiera di San Martino attirava persone da tutta la Valmarecchia fino ad arrivare ai confini con la Toscana. Si svolgeva nel momento in cui terminava l’anno contadino, con la vendita del vino nuovo. Rappresentava un luogo di scambio di merci ma soprattutto di bestiame che veniva esposto nel Parco Campo della Fiera.

Santarcangelo di Romagna – Fiera di San Martino 1938

Come in passato, anche oggi, Santarcangelo è invasa di stand enogastronomici che propongono i migliori prodotti locali e delle altre regioni italiane. Impossibile passeggiare per il borgo senza mangiare una buonissima piadina con cipolla e salsiccia accompagnata da un bel bicchiere di Sangiovese come vuole la tradizione.

Non perdete l’occasione per visitare il borgo di Santarcangelo, ammirando le antiche stampe romagnole, presso la Stamperia Marchi, e visitando il Musas – Museo Storico Archeologico della città. Saranno momenti unici dove tradizioni, riti e credenze si mescoleranno creando un esclusivo mix culturale.

Per maggiori informazioni:

Fiera di San Martino

Un pensiero va a tutti coloro che in questi ultimi giorni sono stati colpiti dal maltempo. Un evento straordinario che ha devastato intere città e distrutto ettari ed ettari di boschi. Ci vorranno anni prima che tutto torni come prima, sarà necessaria tanta forza per ricostruire ciò che è andato distrutto in poche ore. Preserviamo […]