Montebello – Monte Matto: il trekking vicino a casa che non ti aspetti

Quanto spesso avete programmato un trekking vicino a casa?
Se potessimo fare un sondaggio immagino che sarebbe bassa la percentuale di persone spinte a conoscere da vicino il proprio territorio. Siamo sempre più attratti da ciò che è lontano e sconosciuto ma vi assicuro che, a pochi passi da voi, esiste un mondo ricco di bellezze e rarità naturali che nemmeno vi immaginate.

Nell’entroterra riminese c’è un luogo magico, fatto di colline e calanchi; un ambiente naturale che nonostante l’intensivo intervento umano è di rara bellezza. Sto parlando della Valmarecchia.
Il trekking che vi propongo è interamente pensato all’interno di questa Valle.

Punto di partenza dell’escursione è Montebello di Torriana, un antico borgo medievale collocato in vetta ad una piccola rupe calcarea. In auto, provenendo dalla SP 120, prima dei tornanti che salgono a Montebello, deviate a destra in Via Sabioni. Proseguite fino al bivio con via Scanzano dove dovrete mantenere la sinistra: eccovi giunti all’area di sosta, non distante dall’Osservatorio Naturalistico, dove troverete un piccolo parcheggio.
Seguiamo il sentiero CAI n.03A, superiamo la deviazione per Montebello giungendo ad una croce di ferro collocata tra via Sabioni e via Rontagnano. Si prosegue dritto sul sentiero CAI n.05 e, giunti ad un casolare, si gira a destra fino a raggiungere i ruderi di Pian di Porta.

Lungo il sentiero si ha l’opportunità di avvicinare numerose specie di flora tipiche dei suoli argillosi e calcarei che caratterizzano il territorio della Valmarecchia. Un ambiente diversificato dal punto di vista vegetazionale che ospita anche numerose specie di fauna selvatica: dal capriolo, spesso avvistabile, al cinghiale, tasso, volpe e istrice. Durante l’escursione troverete sul sentiero numerose tracce lasciate da questi animali. Non meno rilevanti sono le numerose specie di uccelli che è possibile ascoltare e, se si è fortunati, osservare durante il cammino: tra queste ricordiamo l’albanella minore, lo sparviere, l’ortolano, il succiacapre e l’averla piccola.

Giunti ai ruderi di Pian di Porta si prosegue dritto fino al bivio di Case Rontagnano dove dovrete tenere la destra.
Lungo il sentiero potrete ammirare verso est il Santuario di Saiano, collocato su uno sperone calcareo. Oltre il Marecchia si apre un vasto territorio: dalla vicina Verucchio al lontano Monte Carpegna. Spiccano così anche le rupi di San Marino, San Leo, Maioletto e la vicina Perticara. Verso la valle dell’Uso, tra le colline cesenati, ammirerete i castelli di San Giovanni in Galilea e di Longiano.

Attorno a noi boschi di roverella si alternano a rimboschimenti di cipresso, pino nero e cedro. Ai margini del sentiero è impossibile non notare l’asparago selvatico, la rosa canina, la viola selvatica, il prugnolo in fiore.

Passata la deviazione con Case Rontagnano, si apre sulla destra un vasto e profondo complesso calanchivo. Qui crescono pochissime specie floristiche, adattate a vivere su terreni argillosi.

Percorsi circa 500 metri vi troverete ad un altro bivio dove tenere la sinistra in direzione Monte Matto fino ad arrivare ad un successivo bivio: a sinistra conduce alla cima del monte, a destra lo aggira. Noi abbiamo deciso di proseguire a sinistra. Per giungere alla cima dovrete affrontare un piccolo tratto leggermente esposto.

Eccovi giunti alla meta! Dalla cima del Monte Matto (498 mt) dovrete percorre un breve tratto in discesa e al bivio girare a destra percorrendo così un sentiero ad anello. Questo tratto, che si ricongiungerà al bivio dal quale si era raggiunta la cima del Monte Matto, è quasi sempre fangoso. A ridosso del periodo primaverile è facile osservare le fioriture dell’elleboro verde, delle primule e delle violette selvatiche. Nonostante la semplicità del sentiero sarete sicuramente soddisfatti di averlo percorso. Sono certa che ritornerete a casa con più consapevolezza di ciò che vi circonda e tanta voglia di ripartire per scoprire altri luoghi nascosti vicino a voi.

Sentieri CAI 03A – 05: giro ad anello da Montebello a Monte Matto

Località di partenzaArea di sosta Fontanaccia – Montebello (RN)
Località di arrivoMonte Matto (498mt)
Lunghezza percorso (A/R)5,9 km
DifficoltàE
Tempo complessivo a/r1,3h

Rifugio XII Apostoli: un trekking nel Parco Adamello Brenta

Ciao trekking lovers, avete già programmato le vacanze per questa estate? Se ancora non avete deciso la vostra meta, e siete amanti del trekking e della natura, quella che sto per descrivere è la destinazione giusta per voi.

Di quale meraviglia sto parlando? Del Parco Naturale Adamello Brenta: lo conoscete già?

Parco Naturale Adamello Brenta: un po’ di storia

Il Parco Naturale Adamello Brenta venne istituito nel 1967 ed è oggi la più ampia area protetta del Trentino: comprende i gruppi montuosi dell’Adamello e del Brenta. Quest’area gode di una ricchezza faunistica straordinaria: l’animale simbolo del Parco è l’orso bruno, in passato giunto quasi all’estinzione e oggi in espansione grazie ad un apposito intervento di reintroduzione. Entrando nel parco è impossibile non rimanere conquistati dalla bellezza dei paesaggi incontaminati che caratterizzano questo territorio.
Nel periodo estivo le attività che si possono svolgere sono innumerevoli: escursioni guidate o in solitaria, visite a mostre locali, ai paesini o alle malghe, custodi delle tradizioni culturali ed enogastronomiche di questa parte di Trentino.

Come raggiungere il Rifugio XII Apostoli

Se volete trascorrere un weekend alla scoperta dei sentieri del Parco Adamello Brenta questo è il momento giusto per farlo.

Noi abbiamo deciso di seguire un sentiero impegnativo ma altrettanto spettacolare: il percorso che dalla malga Movlina conduce al Rifugio XII Apostoli. Il trekking è lungo e intenso perciò consiglio di percorrerlo soltanto a persone che hanno un buon allenamento.

Per compiere questa nostra ennesima avventura abbiamo deciso di soggiornare all’albergo Brenta situato proprio all’interno del Parco, nella Val d’Algone. E’ qui che si trova il varco che permette alle auto di salire in quota, raggiungendo il parcheggio vicino la malga Movlina (il sabato e i giorni festivi è previsto il pagamento di un piccolo pedaggio per l’accesso all’area).
I più temerari iniziano il sentiero dall’Albergo Brenta arrivando in cima dopo ben 5 ore di cammino.
Noi abbiamo deciso di percorrere i primi 4 km il giorno del nostro arrivo in Trentino (venerdì pomeriggio) in modo da allenare un po’ le gambe, lasciando così la parte più difficile e lunga per il giorno successivo (sabato). Questa parte di sentiero non presenta particolari difficoltà ed è per la maggior parte immerso nel bosco. Lungo il sentiero vi imbatterete nella malga Nambi dove potrete assaggiare il loro yogurt e i prodotti tipici del territorio. Purtroppo quando siamo passati noi era chiusa.

Il sabato dopo colazione, all’incirca verso le 8.15, partiamo in macchina e ci dirigiamo al parcheggio nei pressi della Malga Movlina (mt 1786). Per raggiungerlo abbiamo impiegato più di 20 minuti, nonostante la distanza fosse poca: la strada è stretta e soltanto in alcuni punti asfaltata.

Da qui inizia il percorso che ci condurrà al rifugio XII Apostoli (sentiero CAI n.354). Il primo tratto è sterrato e in 5 minuti si raggiunge la malga Movlina dove troverete mucche, cavalli e capre al pascolo: qui si può godere di una vista mozzafiato sulla Presanella e sul Brenta. Si prosegue all’interno del bosco: in questo tratto il sentiero non presenta particolari difficoltà. Dopo circa 35 minuti di cammino, con diversi saliscendi, potremmo ammirare sulla sinistra il lago di Valagola.


Proseguendo si arriva a Pian De Nardis (1822mt): una piana sovrastata dalle imponenti Dolomiti di Brenta. Qui si imbocca il sentiero CAI n. 307 in direzione Rif. XII Apostoli: ci rimane la parte più dura del percorso, con ben 600 metri di dislivello. Se si guarda bene in alto, proprio davanti a noi, si può scorgere il rifugio: sembra quasi impossibile che ci sia un sentiero per raggiungerlo.

Sentiero Rif. XII Apostoli – Plan De Nardis

Seguiamo il percorso e iniziamo a salire tra massi e rocce, sempre più ripidamente. Il sentiero sale velocemente di quota e passa attraverso un tratto attrezzato, chiamato Scala Santa: qui, come in altri punti, troverete un cordino di ferro che facilita la salita. Vi invito a fare molta attenzione in questi tratti che sono più esposti.
Proseguendo ci si trova davanti ad un’immensa distesa di ghiaia che ci accompagnerà per gli ultimi chilometri del percorso. La fatica è tanta ma viene ricompensata dalla spettacolare vista. A pochi passi dall’arrivo addirittura sono ancora presenti residui di neve.

Dopo circa 3.30 ore finalmente arriviamo al rifugio XII Apostoli (2487 mt): un vero spettacolo! Le gambe sono stanche, il sole picchia ma l’emozione di trovarsi in cima compensa tutta la fatica fatta fino a quel momento.
Panino e birra fresca sono il tocca sana per riprendersi dopo il lungo cammino. Non lontano da noi scorgiamo una chiesetta dedicata ai caduti della montagna: un’opera d’arte incastonata nella roccia.

Purtroppo è già ora di rimettersi in marcia, il ritorno sarà più veloce ma richiede comunque molta attenzione. Potrete decidere di ripercorrere lo stesso sentiero o effettuare il giro ad anello optando per il n. 341. Il proprietario del rifugio ci consiglia di scendere dallo stesso percorso e noi gli diamo retta: “mai lasciare la strada vecchia per quella nuova” dice lui.
In realtà poi abbiamo scoperto che l’altro sentiero sarebbe stato leggermente più lungo ma più semplice: peccato, sarà per la prossima volta!

PS: ricordatevi assolutamente di portare con voi la crema solare, altrimenti rischierete una bella scottatura come la sottoscritta che se l’è dimenticata al rifugio 🙂

Sentieri CAI n. 354 – 307

Località di partenza Parcheggio Malga Movlina (1786 mt)
Località di arrivoRifugio XII Apostoli (2487 mt)
Lunghezza anello14 km
DifficoltàEE
Tempo complessivo (pause escluse)6 / 6.30 ore

Patagonia Express

Un viaggio ai confini del mondo, là dove il tempo si è fermato.
Un viaggio alla scoperta di usanze e tradizioni, miti e leggende.
Un viaggio tra città che vivono di ricordi e di piccoli gesti quotidiani.
La Patagonia vista con gli occhi di Luis Sepúlveda.
Un diario di viaggio che immortala l’anima di questa regione e delle sue genti attraverso gli appunti presi su una moleskine regalata dall’amico Bruce Chatwin.

Era un mezzogiorno d’inverno a Barcellona quando i due si fecero una promessa: un giorno avrebbero fatto insieme un viaggio in Patagonia. Un sogno però destinato ad infrangersi. Sepúlveda ottenne il permesso di ritornare in Cile troppo tardi. Chatwin “aveva già intrapreso un viaggio inevitabile, un lungo viaggio attraverso montagne e mari infiniti“. Ma si sa, gli impegni presi con gli amici sono sacri. E così Sepulveda decise di partire per la “fine del mondo“.

Un libro breve fatto di pensieri, riflessioni e leggende: un balzo nel cuore di “una regione così vasta e colma di avventure che non può essere toccata dalla meschina frontiera che separa la vita dalla morte“. Un libro fatto di sensazioni e attimi vissuti a stretto contatto con le persone che da una vita abitano quei territori: Ladislao allevatore di bestiame, Jorge Dìaz la voce della libertà della Patagonia, Carlos E Basta l’amico di una vita, Klaus Kucimavic il Premio Nobel alternativo per la fisica, vecchio nazista che aveva scoperto un foro nella cappa dell’ozono, l’emozionante incontro con lo scrittore Francisco Coloane e tanti, tanti altri ancora.

E’ impossibile non innamorarsi di questa terra.
Sepúlveda con Patagonia Express incuriosisce il lettore, creando il desiderio di visitare, seppur virtualmente, questa parte sperduta di mondo. A ogni pagina, per ogni luogo descritto, nasceva in me la voglia di approfondire la conoscenza di questi luoghi, così fisicamente lontani ma al tempo stesso vicini alla mia voglia di viaggiare e di scoprire.

Se siete dei sognatori, amanti della natura e delle terre incontaminate, questo è il libro per voi! 🙂

Escursione al Monte Fumaiolo

Finalmente rimetto la scarpe da trekking! Abbiamo così tanti posti ancora da conoscere che fatichiamo a scegliere da dove partire. Dopo questi mesi di lockdown abbiamo assolutamente bisogno di natura incontaminata.
Come prima escursione del 2020 scegliamo il Monte Fumaiolo. Non abbiamo mai fatto trekking da quelle parti quindi cerchiamo di acquisire qualche nozione da chi ci è stato prima di noi.

La partenza è programmata per sabato 30 maggio (sono super felice!) ore 11.30 da Poggio Torriana (RN). Arriviamo alle Balze (fraz. del comune di Verghereto FC) alle 12.35 circa.
Parcheggiamo la macchina davanti all’albergo Monte Fumaiolo e da lì imbocchiamo il sentiero CAI n. 104 in direzione della sorgente del Tevere. Dopo tanto tempo il primo contatto con la natura è davvero molto emozionante: sin dall’inizio del sentiero si apre una distesa di faggi da rimanere a bocca aperta. Sicuramente sarebbe molto suggestivo dedicare a questo percorso una giornata autunnale per ammirare il ‘foliage’. Il sentiero è ben curato e adatto a tutti. Una serie di gradoni ci conducono verso la sorgente che si trova a 10 minuti di cammino.
Arrivati a destinazione (1268 slm) scattiamo qualche foto di rito e leggiamo che un tempo la sorgente si trovava in Toscana. Fu Mussolini a spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo alla Romagna.


Continuiamo il percorso in direzione del valico del Monte Fumaiolo (1400 slm) che si trova a circa 15 minuti di cammino. Arriviamo al Fumaiolo Paradise Hotel dove ci fermiamo per una breve pausa. La zona oltre che essere meta prediletta per gli escursionisti lo è soprattutto per i motociclisti. Sono tanti quelli che si fermano al valico per un pranzo o semplicemente per ammirare il panorama.
Attraversiamo la strada e ci dirigiamo verso la vetta dal Monte Fumaiolo (circa 10 minuti di cammino). A differenza del precedente sentiero, più turistico, questo acquista tutte le caratteristiche di un vero itinerario di montagna. A circa metà del percorso c’è un bivio: per arrivare alla cima bisogna imboccare il sentiero CAI n. 106. Arrivati sulla vetta del Monte Fumaiolo rimaniamo un po’ delusi: eravamo convinti di poter ammirare un bel panorama e invece veniamo sorpresi da un’imponente antenna telefonica.

Ripercorriamo il sentiero al contrario e al bivio decidiamo di dirigerci in direzione dei ‘Sassoni‘ riprendendo così il percorso CAI n.104.
A una decina di minuti di cammino arriviamo al punto panoramico dei Sassoni. Qui ammiriamo un panorama veramente mozzafiato!! Le foto parlano da sole..

Il cielo minacciava pioggia (il tempo in montagna cambia veramente con grandissima rapidità!). Per evitare di camminare nel bosco durante un temporale scegliamo di ritornare indietro percorrendo sempre lo stesso sentiero. In alternativa avremmo potuto continuare in direzione Balze, ma ci avremmo impiegato più di un’ora e mezza a tornare al parcheggio.
Dopo circa 30 minuti raggiungiamo la macchina e anziché piovere ritorna un bellissimo sole. Non ci facciamo sfuggire l’occasione e decidiamo di raggiungere la Cascata del Tevere distante circa 20 minuti di cammino. Riprendiamo il sentiero CAI n. 104 però questa volta in direzione Balze intraprendendo così una piccola parte del Cammino di San Vicinio.
Dal parcheggio attraversiamo la strada e percorriamo circa 200 mt sul percorso asfaltato per poi addentrarci nel bosco. Arrivati al primo bivio giriamo a destra e troviamo a 100 mt un pascolo pieno di mucche. Continuiamo per altri 5 minuti e giunti all’ultimo bivio (prima della cascata) imbocchiamo il sentiero CAI n. 106: non potete sbagliarvi perché per proseguire bisogna oltrepassare un recinto con una scala di legno fissa. Ed ecco che dopo 5 minuti si arriva alla bellissima cascata del Tevere.
Dopo qualche foto di rito e una breve pausa riprendiamo il sentiero per tornare alla macchina.

Torniamo a casa, dopo 8 km di cammino, super felici e rilassati. Ho ancora negli occhi quei bellissimi paesaggi che mi accompagneranno fino alla prossima escursione.

Alla scoperta della Slovenia

State pensando dove trascorrere questi ultimi giorni di vacanza? Tra le mete da non perdere segnatevi la Slovenia, destinazione turistica apprezzabile in qualsiasi stagione dell’anno. Dalle verdi vallate incorniciate da maestose cime rocciose al limpido mare Adriatico il passo è breve: in meno di un’ora di distanza la Slovenia offre paesaggi variegati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti i turisti.
Io e Andrea abbiamo solo 4 giorni per scoprire le bellezze di questo territorio perciò optiamo per un hotel a Portorose per poi spostarci in macchina per le varie escursioni.

Grotte di Postumia e Castello di Predjama

Partenza da Rimini alle 5:30. Vogliamo sfruttare ogni singolo minuto di questi pochi giorni di vacanza e le prime luci dell’alba sono il momento migliore per viaggiare. Arrivati a circa 30 km dal confine acquistiamo la “Vinjeta“, il bollino che serve per circolare sulle autostrade slovene. Lo trovate in dogana, in tutti i benzinai o tabaccherie della Slovenia ma potrete acquistarlo anche negli autogrill vicino al confine. Il costo per una settimana è di 15€.
Siamo diretti al Park Postojnska Jama dove visiteremo le Grotte di Postumia e il Castello di Predjama. In 5 ore arriviamo a destinazione e ad attenderci c’è un caldo pazzesco. Lasciamo la macchina all’interno del parcheggio del Parco (costo 5€ al giorno) e ci dirigiamo verso la biglietteria che si trova a pochi minuti a piedi. Sul sito del Parco leggiamo che vi è anche la possibilità di fare i biglietti online ma alla fine decidiamo di acquistarli in loco fidandoci delle numerose recensioni positive sulla velocità degli operatori di biglietteria: alla fine siamo stati premiati. Per una fila di 30 persone il tempo di attesa è stato solo di 10 minuti. Il prezzo intero per un adulto per la visita delle grotte e del castello, in alta stagione, è di 38,50€, comprensivo anche di transfer per raggiungere il castello (le altre tariffe le trovate sul sito https://www.postojnska-jama.eu/it/biglietti/). Un quarto d’ora prima dell’ingresso alle grotte, previsto per le ore 12, ci dirigiamo verso l’entrata dove veniamo smistati a seconda delle nazionalità. La quantità di gente che entrerà insieme a noi è impressionante: saremo all’incirca un centinaio. La guida ci spiegherà poi che le grotte di Postumia sono le più visitate al mondo. Vi ricordo che all’interno delle grotte vi è una temperatura costante di 10°C perciò è necessario indossare una felpa prima di entrare.
L’itinerario prevede un percorso di 3,7 km con un trenino elettrico e di 1 km a piedi. Le grotte di Postumia furono scoperte nel 1818 e aperte al pubblico l’anno successivo. Il trenino sotterraneo venne introdotto nel 1872 e rappresentò il primo esempio di ferrovia sotterranea al mondo.
Tutti a bordo, si parte! Attorno a noi si apre un nuovo misterioso mondo, quello delle grotte. Attraversiamo gallerie artificiali e naturali. Stalattiti e stalagmiti ci circondano ed è impossibile trattenere lo stupore. Giunti al termine del percorso ferroviario ci avviamo a piedi alla scoperta delle grotte. Il camminamento parte dalla cima del Monte Calvario dove la guida ci illustra l’evoluzione di questo ambiente sia dal punto di vista speleologico che storico. Ci spiega che sono necessari migliaia di anni per la formazione di queste spettacolari colonne calcaree. Dal Ponte russo raggiungiamo le Grotte belle, attraversando la Sala degli Spaghetti, chiamata così per la particolare forma delle stalattiti che impiegano 100 anni per crescere di appena 1 mm. La Sala bianca e la Sala rossa ci conducono fino alla Galleria del Brillante dove è presente il simbolo delle grotte. Lungo il percorso abbiamo l’occasione di vedere uno degli abitanti di questo mondo sotterraneo: il Proteo. Animale cavernicolo, vive nelle acque delle grotte. Si tratta di un anfibio con occhi atrofizzati, lungo circa 35 cm, che vive fino a 100 anni e che può resistere senza cibo per 10 anni. Raggiungiamo infine la Sala dei Concerti, una delle più spettacolari all’interno delle grotte: 3000 mq per 40 mt di altezza, può contenere fino a 10.000 persone e gode di un ottima acustica, tanto da essere utilizzata per eventi e concerti. Da qui si raggiunge il trenino elettrico per ritornare in superficie. Verso la fine del tratto ferroviario noterete delle pareti completamente annerite. La causa? L’esplosione di un deposito di diesel tedesco da parte dei partigiani.
Dopo il pranzo al sacco ci dirigiamo alla fermata dell’autobus (vicino alla biglietteria delle grotte) che ci condurrà al Castello di Predjama, che si trova a circa 20 minuti di distanza. Giunti a destinazione rimaniamo incantati dalla bellezza del castello e ci soffermiamo ad ammirarlo dalla terrazza panoramica: incastonato nelle rocce, rappresenta un intreccio tra elementi naturali e artificiali, una fortezza inespugnabile. In biglietteria ci forniscono l’audioguida in italiano che ci illustra, passo per passo, ogni stanza del castello: ben fatta! Interessante la leggenda di Erasmo di Predjama, il Robin Hood sloveno, che visse nel castello nel XV secolo dove si rifugiò dall’assedio dell’imperatore. Riuscì a resistere poco più di un anno. Un giorno infatti, mentre il cavaliere si recò in bagno, un servo infedele segnalò con una torcia ai nemici che potevano attaccare. Massi di pietra vennero catapultati contro la latrina provocando così la morte di Erasmo.
Durante il periodo estivo è possibile visitare anche la grotta sotto il Castello, chiusa al pubblico nei mesi invernali per permettere il letargo dei pipistrelli. Terminata la visita riprendiamo l’autobus che ci riporta a Postumia. Stanchi ma contenti ci dirigiamo al Boutique Hotel di Portorose che abbiamo prenotato con l’opzione B&B per tre notti: scelta azzeccatissima. Camera spaziosa, pulita e soprattutto con vista mare. Ceniamo alla Trattoria del Pescatore che si trova a qualche minuto a piedi dal nostro hotel. Porzioni abbondanti e ottimo pesce. Consiglio gli spaghetti allo scoglio: deliziosi!

Giornata di relax: tra Portorose e Pirano

Dedichiamo il secondo giorno di viaggio alla tintarella e al riposo. Dopo un’abbondante colazione, ci dirigiamo alla piscina dell’hotel dove ci vengono forniti asciugamani, lettini e ombrellone. Decidiamo di pranzare a Pirano, distante soltanto 3 km da Portorose. Parcheggiamo l’auto all’interno di un parcheggio a pagamento e prendiamo il bus navetta gratuito che ci conduce in centro. Fa veramente caldo e non riusciamo a goderci appieno questa graziosa località di mare. Giunti in Piazza Tartini scattiamo qualche foto di rito e ci dirigiamo in Piazza I Maggio dove pranzeremo al ristorante Delfin: fritto misto senza infamia e senza lode. Facciamo una passeggiata sul lungomare e notiamo che non ci sono spiagge attrezzate ma soltanto scogli dove stendere un telo da mare. In lontananza è ben visibile l’Italia. Esausti per il caldo eccessivo decidiamo di ritornare a Portorose per fare un tuffo in acqua e rilassarci al mare. Anche qui la maggior parte delle “spiagge” non è attrezzata: vi potrete stendere sulla banchina, su piccoli pontili o semplicemente sull’erba. Prima di cena ci rechiamo in spiaggia per vedere il tramonto: veramente molto romantico! Ceniamo alla pizzeria Rustika che, leggiamo su TripAdvisor, essere una delle migliori in zona. Assolutamente sconsigliata! Prima di recarci in albergo facciamo una breve passeggiata. Notiamo che Portorose rappresenta una destinazione turistica di rilievo per diversi target di turisti. Qui potrete trovare giovani, famiglie con bambini e anche amanti del gioco: la città infatti ospita alcuni casinò.

Lago di Bled

Alle 9:30 ci mettiamo in viaggio per raggiungere il lago di Bled che dista all’incirca 170 km da Portorose. Nella guida turistica leggo che è uno dei laghi più belli della Slovenia e che merita di essere visitato. Dopo quasi due ore di macchina arriviamo a destinazione, non prima di aver fatto una coda di 4 km per raggiungere il parcheggio libero più vicino. E’ agosto e per di più è domenica: il lago è invaso dai turisti e il tempo non è nemmeno dei migliori. Mi ero creata un’immagine mentale completamente diversa da quello che avevo di fronte a me. Il lago è affascinante ma non tanto da farci rimanere a bocca aperta. Decidiamo di percorre a piedi un tratto del sentiero che circonda il lago (lunghezza totale 6 km). Sono molte le persone che noleggiano una piccola imbarcazione o che salgono a bordo delle “Pletne”, barche tradizionali fabbricate da costruttori locali e note solamente a Bled, che permettono di raggiungere l’isola centrale o di navigare il lago. Tentiamo anche noi di noleggiare una piccola barca a remi ma la lista d’attesa è talmente lunga che avremmo dovuto prenotarla il giorno prima per poterne usufruire. Peccato, sarebbe stato molto bello raggiungere l’isola che ospita la chiesa gotica di S. Maria Assunta. Giunti all’incirca a metà del lago c’è un pontile dove ragazzi e adulti si tuffano per fare un bagno. Un po’ sconfortati torniamo indietro e ci fermiamo a pranzare all’Ostarija Babji zob dove mangiamo due primi e la Bled cake (Kremna Rezina): una vera bomba calorica! Due strati di pasta sfoglia racchiudono un ripieno a base di crema pasticcera sormontata da panna montata. Il tutto cosparso da zucchero a velo. Avevo messo in programma anche la visita al Castello di Bled e alla gola del Vintgar ma alla fine abbiamo optato per il ritorno a Portorose: avremmo altre occasioni per vedere questa regione della Slovenia e le meraviglie che ospita. Arrivati in hotel facciamo un tuffo in piscina e poi ceniamo al ristorante Porto Konoba dove sia servizio che cibo sono ottimi!
La nostra esperienza slovena termina qua. E’ stata una vacanza breve ma intensa. Sicuramente torneremo per visitare altre zone di questa stupenda destinazione turistica.

Trieste: alla scoperta dei musei scientifici

E’ il giorno della partenza. Lungo la strada del ritorno decidiamo di fermarci a Trieste, che dista solo 20 minuti da Portorose. Dedichiamo la mattinata alla scoperta del Civico Orto Botanico: veramente molto carino e ben curato, diviso in diverse aree tematiche ognuna descritta in maniera esaustiva. Consultando le brochure forniteci dal personale dell’Orto, veniamo a conoscenza della presenza di numerosi musei scientifici che decidiamo di visitare. Prima di pranzare ci rechiamo all’Aquario Marino della città di Trieste. “L’Aquario” propriamente detto si sviluppa al piano terra dove sono presenti una trentina di vasche di diverse dimensioni. Al primo piano invece è presente il Vivarium, dove vi sono numerose specie di anfibi, rettili con particolare riguardo alla fauna del Friuli Venezia Giulia. Pranziamo alla Trattoria Alla Vecia Pescheria con due buonissimi risotti ai frutti di mare. Sazi e felici, ci dirigiamo in macchina al Museo di Storia Naturale e ci restiamo per ben due ore! Davvero interessante poiché ospita al suo interno tre pezzi unici al mondo: lo squalo Carlotta, il più grande squalo bianco al mondo conservato in un museo, il dinosauro Antonio, il più completo in Europa e l’unico della sua specie nel mondo, e la mandibola di Lonche, primo esempio di otturazione dentale della storia dell’uomo. Inoltre lungo il percorso troverete collezioni di botanica, zoologia, mineralogia, geologia e paleontologia.
Si è fatto tardi, il museo sta per chiudere. Ci avviamo verso la macchina e purtroppo è ora di tornare a casa. Il nostro non è un addio a Trieste ma un arrivederci!