Tra le dolci colline riminesi, nella valle del fiume Marecchia, si ergono maestose rupi: blocchi di roccia calcarea, inespugnabili territori scelti nell’antichità per la costruzione di fortificazioni.
Tra questi vi è Montebello, dal latino Mons Belli – Monte della guerra, borgo medievale dove sorge il Castello di Azzurrina, conosciuto in Romagna per una storia che ha del leggendario. Chi di voi crede nei fantasmi? Sareste disposti a scendere nei sotterranei del Castello per valutare di persona la verità?
Poco distante dal greto del fiume Marecchia, sorge su uno sperone di roccia il Santuario della Madonna di Saiano restaurato anche con elementi artistici di Arnaldo Pomodoro e Tonino Guerra.
Ad unire queste due magnifiche rupi è un sentiero che, ve lo assicuro, vi farà innamorare della Valmarecchia.
Un’escursione ad anello di circa 8,5 km ci condurrà da Montebello, attraverso il sentiero CAI M1, ai piedi della rupe di Saiano. Durante il percorso il paesaggio si presenta diversificato: da un lato i calanchi, formazioni geologiche sorprendentemente affascinanti che, con l’alta erodibilità delle argille che li compongono, hanno dato luogo a pendii dolci con vegetazione specializzata. Dall’altro il paesaggio delle rupi formato da un substrato calcareo difficilmente erodibile, con pendii scoscesi e poco vegetati. Difficile descrivere la bellezza dei luoghi attraversati e lo stupore che si prova quando, giunti ad un centinaio di metri dal Santuario della Madonna di Saiano, si ha una vista a 360° sull’intera Valmarecchia: San Marino, Saiano, Pietracuta, la Cresta dei Tausani, San Leo, Maioletto, Carpegna, Fumaiolo e Montebello. Tutto in un unico e magnifico paesaggio.
All’interno dei diversi ambienti geologici sarà possibile osservare numerose specie floristiche, adattate a vivere sia in ambienti aridi e soleggiati, sia in luoghi umidi e ombrosi. Nel periodo primaverile potete ammirare la fioritura del giacinto romano e di quello dal pennacchio, dell’erba perla azzurra, dell’ombrellino pugliese, della Stella di Betlemme, della rosa canina o del biancospino: insomma non basterebbe una giornata intera per parlare in maniera approfondita di tutte queste meravigliose specie. La parte boscata invece è molto limitata, ed è composta principalmente da latifoglie: roverella, rovere, acero campestre e carpino.
Stella di Betlemme
Erba Perla Azzurra
Giacinto dal pennacchio
Ma non è finita qui! Il sentiero ha ancora tanto da regalarci. Ovunque è visibile la presenza di animali selvatici quali cinghiali, caprioli, tassi, volpi, istrici e con un po’ di fortuna anche del lupo. Impronte, tane, avvistamenti: insomma è impossibile non notarli.
Impronta di cinghiale
Impronta di lupo
Vi ho incuriositi? 🙂
Vi aspetto alla scoperta di questo fantastico mondo immerso in Valmarecchia.
Sentieri CAI M1 – CAI 03 – CAI 03a: escursione ad anello Montebello – Saiano
Quanto spesso avete programmato un trekking vicino a casa? Se potessimo fare un sondaggio immagino che sarebbe bassa la percentuale di persone spinte a conoscere da vicino il proprio territorio. Siamo sempre più attratti da ciò che è lontano e sconosciuto ma vi assicuro che, a pochi passi da voi, esiste un mondo ricco di bellezze e rarità naturali che nemmeno vi immaginate.
Nell’entroterra riminese c’è un luogo magico, fatto di colline e calanchi; un ambiente naturale che nonostante l’intensivo intervento umano è di rara bellezza. Sto parlando della Valmarecchia. Il trekking che vi propongo è interamente pensato all’interno di questa Valle.
Punto di partenza dell’escursione è Montebello di Torriana, un antico borgo medievale collocato in vetta ad una piccola rupe calcarea. In auto, provenendo dalla SP 120, prima dei tornanti che salgono a Montebello, deviate a destra in Via Sabioni. Proseguite fino al bivio con via Scanzano dove dovrete mantenere la sinistra: eccovi giunti all’area di sosta, non distante dall’Osservatorio Naturalistico, dove troverete un piccolo parcheggio. Seguiamo il sentiero CAI n.03A, superiamo la deviazione per Montebello giungendo ad una croce di ferro collocata tra via Sabioni e via Rontagnano. Si prosegue dritto sul sentiero CAI n.05 e, giunti ad un casolare, si gira a destra fino a raggiungere i ruderi di Pian di Porta.
Ruderi di Pian di porta
La Valmarecchia
Lungo il sentiero si ha l’opportunità di avvicinare numerose specie di flora tipiche dei suoli argillosi e calcarei che caratterizzano il territorio della Valmarecchia. Un ambiente diversificato dal punto di vista vegetazionale che ospita anche numerose specie di fauna selvatica: dal capriolo, spesso avvistabile, al cinghiale, tasso, volpe e istrice. Durante l’escursione troverete sul sentiero numerose tracce lasciate da questi animali. Non meno rilevanti sono le numerose specie di uccelli che è possibile ascoltare e, se si è fortunati, osservare durante il cammino: tra queste ricordiamo l’albanella minore, lo sparviere, l’ortolano, il succiacapre e l’averla piccola.
Giunti ai ruderi di Pian di Porta si prosegue dritto fino al bivio di Case Rontagnano dove dovrete tenere la destra. Lungo il sentiero potrete ammirare verso est il Santuario di Saiano, collocato su uno sperone calcareo. Oltre il Marecchia si apre un vasto territorio: dalla vicina Verucchio al lontano Monte Carpegna. Spiccano così anche le rupi di San Marino, San Leo, Maioletto e la vicina Perticara. Verso la valle dell’Uso, tra le colline cesenati, ammirerete i castelli di San Giovanni in Galilea e di Longiano.
Attorno a noi boschi di roverella si alternano a rimboschimenti di cipresso, pino nero e cedro. Ai margini del sentiero è impossibile non notare l’asparago selvatico, la rosa canina, la viola selvatica, il prugnolo in fiore.
Prugnolo in fiore
Pervinca
Passata la deviazione con Case Rontagnano, si apre sulla destra un vasto e profondo complesso calanchivo. Qui crescono pochissime specie floristiche, adattate a vivere su terreni argillosi.
Percorsi circa 500 metri vi troverete ad un altro bivio dove tenere la sinistra in direzione Monte Matto fino ad arrivare ad un successivo bivio: a sinistra conduce alla cima del monte, a destra lo aggira. Noi abbiamo deciso di proseguire a sinistra. Per giungere alla cima dovrete affrontare un piccolo tratto leggermente esposto.
Bivio per la cima del Monte Matto
Elleboro
Ritorno lungo il sentiero fangoso
Primula
La Valmarecchia al tramonto
Eccovi giunti alla meta! Dalla cima del Monte Matto (498 mt) dovrete percorre un breve tratto in discesa e al bivio girare a destra percorrendo così un sentiero ad anello. Questo tratto, che si ricongiungerà al bivio dal quale si era raggiunta la cima del Monte Matto, è quasi sempre fangoso. A ridosso del periodo primaverile è facile osservare le fioriture dell’elleboro verde, delle primule e delle violette selvatiche. Nonostante la semplicità del sentiero sarete sicuramente soddisfatti di averlo percorso. Sono certa che ritornerete a casa con più consapevolezza di ciò che vi circonda e tanta voglia di ripartire per scoprire altri luoghi nascosti vicino a voi.
Sentieri CAI 03A – 05: giro ad anello da Montebello a Monte Matto
In questo periodo così complesso, che come uno tsunami ci ha travolti in maniera improvvisa, una cosa l’ho imparata: non posso fare a meno del contatto con la natura. Non solo perché questo mi consente di stare bene ma anche, e soprattutto, perché non si dovrebbe mai smettere di esplorare il territorio che ci circonda. La conoscenza ci rende più consapevoli e questo, sono convinta, ci può spronare ad avere comportamenti maggiormente responsabili e sostenibili.
Abbiamo inaugurato il 2021 scegliendo un luogo molto particolare. Ecco qualche indizio sulla destinazione: si trova al buio, è sottoterra ed è la casa di un piccolo mammifero che vola. Certo, le grotte: un habitat molto fragile ma veramente suggestivo. La regione Emilia-Romagna ne ospita diverse, ognuna con proprie peculiarità. Soltanto una piccola parte sono visitabili, altre vengono unicamente studiate e ammirate dagli speleologi. La scoperta di questo meraviglioso mondo sotterraneo inizia dalla Riserva Naturale Orientata di Onferno, a Gemmano, cittadina nella media Valle del Conca, nelle basse colline riminesi. L’area naturale protetta fu istituita nel 1991 al fine di tutelare un piccolo complesso carsico caratterizzato da grotte, doline, inghiottitoi, rupi e vallecole.
Dell’antico borgo di Gemmano, dove un tempo sorgeva il castello, rimangono soltanto pochi resti della cinta muraria. L’intera cittadina venne distrutta durante la seconda guerra mondiale quando il borgo, situato lungo la Linea Gotica, fu protagonista di una breve ma cruenta battaglia. Fino agli inizi del ‘900 l’antico borgo era chiamato Inferno. Un nome sinistro, dovuto alle fumate di vapore che nei mesi invernali, specialmente al crepuscolo, fuoriuscivano dalle rocce facendo pensare all’esistenza di un mondo infernale nel sottosuolo cittadino. Soltanto 1916, con la prima spedizione speleologica in grotta, si è compreso questo fenomeno, legato alla differenza termica tra l’interno della grotta e l’esterno. Tra le attività principali del borgo vi erano l’estrazione e la cottura del gesso, protrattesi fino agli anni Cinquanta del secolo scorso.
Calanchi visti dall’antico borgo di Gemmano
Calanchi nella Riserva Orientata di Onferno
L’ambiente a ridosso delle grotte presenta caratteristiche morfologiche differenti. Dalle ripide pareti della Ripa della Morte fino alle zone calanchive costituite principalmente da argille.
A pochi passi dall’antico borgo si trova l’entrata delle Grotte di Onferno. Il centro visita, situato nell’antica pieve di Santa Colomba, è il punto di riferimento per le visite guidate alla grotta e le escursioni lungo i sentieri della Riserva. Prima di partire per il tour, la guida ci munisce di caschetto con pila per attraversare le grotte in piena sicurezza. Vi consiglio di vestirvi con indumenti caldi ed impermeabili perché la temperatura all’interno delle grotte è di circa 12 -15°C e di indossare scarpe da trekking per avere maggiore stabilità durante il percorso. Prima di raggiungere l’entrata delle grotte, percorriamo un brevissimo tratto all’interno del bosco: nonostante sia inverno la natura ci regala innumerevoli sorprese. Siamo circondati da roverelle, aceri, arbusti di pungitopo e da bellissimi bucaneve, rari da ammirare a questa altitudine. Ma ecco che a 20 metri da noi, nella cavità di una quercia, riposa un bellissimo esemplare di allocco. Man mano che ci avviciniamo all’entrata delle grotte la vegetazione cambia: notiamo sempre più spesso la presenza di felci. Giunti all’ingresso accendiamo le torce e siamo pronti per il tour in cavità.
Il percorso nel bosco per raggiungere le Grotte di Onferno
Il percorso nel bosco per raggiungere l’entrata delle Grotte di Onferno
Bucaneve
Allocco
Entrata grotte di Onferno
La guida ci illustra le caratteristiche geologiche delle Grotte di Onferno: un sistema ipogeo di gesso selenitico, formatosi dall’azione carsica compiuta da due rii provenienti dal Monte Croce. È una formazione relativamente giovane, in continua evoluzione e fragile per via del substrato roccioso che le caratterizza. All’interno delle Grotte di Onferno non troverete stalattiti o stalagmiti perché l’acqua che si infiltra in grotta scorre velocemente, impedendo il rilascio di depositi calcarei. Nel primo tratto dell’itinerario, lungo il torrente, si percorrono gallerie con pareti verticali modellate dall’acqua in forme sinuose. Successivamente si incontrano le tipiche concrezioni calcaree delle grotte gessose, le più estese di un acceso colore arancio per la presenza di ossidi di ferro.
All’interno delle Grotte di Onferno
All’interno delle Grotte di Onferno
Concrezioni calcaree delle grotte gessose, i più estesi di un acceso colore arancio per la presenza di ossidi di ferro.
La grotta ospita una fauna tipica e specializzata. I padroni di casa sono sicuramente i chirotteri, comunemente noti come pipistrelli, per i quali la grotta rappresenta un rifugio in cui riposare e riprodursi. Li possiamo ammirare lungo tutto il percorso, in fase di ibernazione. Tipicamente vivono in colonie ma potremmo vederne anche alcuni solitari. Le grotte di Onferno ospitano la più importante colonia di pipistrelli della regione: se ne contano circa 8000 esemplari, 7 diverse specie tra le quali il rinolofo maggiore, minore ed euriale, il vespertilio e il miniottero. La guida ci ha illustrato, passo dopo passo, le caratteristiche di questi piccoli ma importantissimi mammiferi volanti: rimarrete sorpresi da ciò che apprenderete in pochissimo tempo.
Dolichopoda – Cavalletta di grotta
Siamo stati molto soddisfatti di questa visita in grotta. La guida, molto disponibile e competente, ha illustrato al gruppo in maniera esaustiva le principali caratteristiche di questo particolare habitat. Consiglio a tutti di dedicare un po’ di tempo per conoscere in maniera più approfondita questi luoghi, così lontani dalla nostra vita ordinaria ma così importanti per l’intero ecosistema.
Informazioni pratiche
Dove: Grotte di Onferno, Gemmano (RN) – Centro visita presso Pieve di Santa Colomba Come: Visita delle grotte solo su prenotazione Costo della visita guidata: € 10 adulti / € 8 fino 12 anni e over 65 Durata della visita: 1 ora Abbigliamento: indumenti impermeabili e scarpe da trekking
In Romagna, terra degli Appennini, ho scoperto un luogo magico. Le Dolomiti in Valmarecchia? Ho pensato fosse impossibile. E invece esiste un posto, non lontano da San Leo, che non ha niente da invidiare alle vette del Trentino. Vi sembro un po’ eccessiva? Valutate voi stessi!
Oggi vi porto a scoprire la Cresta dei Tausani, che vanta il soprannome di “Piccole Dolomiti della Valmarecchia“. Il motivo è semplice: questo luogo ha una conformazione naturalistica atipica per il nostro territorio. Infatti in alcuni tratti vi sembrerà di essere proprio sulle Dolomiti. Qui potrete ammirare i paesaggi e gli scorci che ispirarono Piero della Francesca: una vista a 360° sulla Valmarecchia.
Per scoprire questo bellissimo territorio abbiamo seguito un percorso ad anello di circa 11 km, che parte dal piccolo borgo di Tausano e passa per San Leo. Il trekking non è troppo impegnativo ma in alcuni tratti occorre prestare particolare attenzione. Il sentiero CAI n.95 si trova immerso in un’oasi faunistica protetta, dove trovano rifugio cinghiali, caprioli, daini, scoiattoli, tassi e volpi. Noi abbiamo intravisto un piccolo di cinghiale e anche un frustone. Il sentiero passa in mezzo a boschi di conifere e latifoglie locali e non è assolutamente raro trovare lungo il percorso dei bellissimi gigli. Ci siamo concessi anche una piccola sosta per ammirare il convento francescano di Sant’Igne.
Vi ho un po’ incuriosito?! 😉 Noi torneremo sicuramente in questo luogo magico. Ci sono ancora tantissime cose da scoprire e bellissimi paesaggi da ammirare. Non vedo l’ora!
É da mesi che avevo in mente di scrivere di Rimini, la città che mi ha ospitata e accolta durante i miei studi universitari. Un luogo meraviglioso, con un patrimonio culturale importantissimo, che non ha niente da invidiare alle più prestigiose capitali dell’arte italiana: ogni angolo della città profuma di storia. Teatro di importantissimi eventi storici, dei quali è possibile ancora oggi identificare i segni, Rimini è prevalentemente conosciuta nel mondo come meta balneare, destinazione turistica di massa dove le famiglie e i giovani di tutta Europa sono soliti trascorrere le loro vacanze estive. Recentemente sono state intraprese strategie per rinnovare l’immagine stereotipata che dagli anni Cinquanta contraddistingue la città, investendo principalmente sulla riqualificazione del centro storico. Dall’apertura del cinema Fulgor, luogo amato dal regista Federico Fellini che lì vide il suo primo film, fino al Teatro Galli, bombardato durante la seconda guerra mondiale, e al Castello Sismondo che probabilmente ospiterà il museo dedicato al famoso regista romagnolo. Ora è tempo di pensare ad una diversa promozione del territorio, è tempo che gli albergatori si impegnino a spiegare ai propri turisti che oltre al mare c’è di più. A nemmeno un chilometro dalla spiaggia si apre un museo a cielo aperto che vale la pena visitare.
C’è però ancora molto lavoro da fare. Persiste da anni il problema del passaggio dei veicoli sul ponte di Tiberio, costruito nel 14 d.C.. Un ponte di epoca romana che anziché essere chiuso al traffico e reso pedonale, soprattutto per motivi di preservazione storica, è ancora oggi utilizzato per il passaggio dei veicoli a motore. D’altro canto il Ponte non è il solo a soffrire la mancanza di tutela. A pochi passi dal centro storico si trova l’anfiteatro romano, una delle testimonianze storico-archeologiche più rilevanti all’interno della nostra regione, che presenta evidenti problemi di conservazione e di accessibilità al pubblico. Pur essendoci due vincoli archeologici, all’interno dell’area persiste la presenza del CEIS (Centro Educativo Italo Svizzero) che non avrebbe ragion d’esistere per via del divieto di costruzione che dagli inizi del ‘900 grava su questa zona.
Cosa vedere a Rimini?
Di seguito il link al sito dedicato al turismo nella città romagnola dove troverete differenti percorsi tematici.
Ovviamente non potete lasciare Rimini senza aver prima assaggiato la piadina, il pane romagnolo per eccellenza, la pasta all’uovo (dai cappelletti alle tagliatelle), il tutto accompagnato da un ottimo bicchiere di Sangiovese.
Visitate Rimini: perdersi lungo i vicoli della città odierna sarà come fare un tuffo nel passato!