Riflessioni ai tempi del lockdown

E’ trascorso poco più di un mese dal mio ultimo viaggio, dal mio ultimo pranzo al ristorante, dalla mia ultima passeggiata. All’inizio molti di noi hanno faticato ad abituarsi ad uno spazio ristretto, ai divieti, alla mancanza degli affetti più cari. Alcuni hanno scoperto lo “smart working” altri invece stanno attendendo un nuovo decreto per poter tornare a lavorare. Eppure questi trenta giorni – che probabilmente diventeranno sessanta – ci hanno aiutati a riflettere su aspetti delle nostra vita che l’eccessiva frenesia quotidiana non ci permetteva di fare.

I libri sono stati gli aiutanti più importanti di questa mia quarantena. Dal Giappone di Haruki Murakami e di Inoue Yasushi, sono volata a Parigi con Missiroli, fino in Russia con “Guerra e Pace” di Tolstoj. Un viaggio con la mente che mi ha sostenuta e fatto sognare in questo periodo di lontanza dal mondo esterno.

A proposito di viaggi. Tutto questo tempo mi ha dato modo di riflettere su come e se cambierà il nostro modo di viaggiare. Oggi il turismo sta attraversando un periodo di grande difficoltà che, ne sono certa, saremo in grado di superare a testa alta. Per farlo serve l’aiuto di tutti, anche di noi semplici cittadini. Come? Per esempio scegliendo mete italiane, privilegiando i nostri entroterra e le strutture ricettive che tanto li caratterizzano. Attivando una campagna di promozione del territorio  all’estero per incentivare i turisti stranieri ad amare come una volta, se non di più, la nostra terra.
Ma come viaggeremo? Come affronteremo, d’ora in avanti, il sovraffollamento di alcune mete turistiche? Contingentando le presenze in città come pensato a Venezia? Perchè anche il turismo di massa, cari lettori, può compromettere le bellezze dei nostri territori, deturpando città simbolo dell’arte e della bellezza a livello mondiale.
Soltanto il tempo ci mostrerà come poter rispondere a queste domande.

Una cosa che tutti potremmo fare d’ora in avanti è viaggiare in maniera più consapevole. Utilizziamo il nostro tempo per documentarci, per progettare la prossima vacanza, la nostra prossima fuga dalla quotidianità. Non smettiamo di sognare solo perchè costretti a stare in casa. Restiamo attivi, prima o poi tutto questo finirà. E allora dovremmo ripartire e lo potremmo fare con grinta e convinzione solo se abbiamo già in mente come affrontare il futuro.

Intanto io mi immagino già a 2000 metri, zaino in spalla, scarpe da trekking, a respirare aria pura e ad ammirare un magnifico panorama dopo una lunga camminata tra i boschi.

Alla scoperta della Slovenia

State pensando dove trascorrere questi ultimi giorni di vacanza? Tra le mete da non perdere segnatevi la Slovenia, destinazione turistica apprezzabile in qualsiasi stagione dell’anno. Dalle verdi vallate incorniciate da maestose cime rocciose al limpido mare Adriatico il passo è breve: in meno di un’ora di distanza la Slovenia offre paesaggi variegati, in grado di soddisfare le esigenze di tutti i turisti.
Io e Andrea abbiamo solo 4 giorni per scoprire le bellezze di questo territorio perciò optiamo per un hotel a Portorose per poi spostarci in macchina per le varie escursioni.

Grotte di Postumia e Castello di Predjama

Partenza da Rimini alle 5:30. Vogliamo sfruttare ogni singolo minuto di questi pochi giorni di vacanza e le prime luci dell’alba sono il momento migliore per viaggiare. Arrivati a circa 30 km dal confine acquistiamo la “Vinjeta“, il bollino che serve per circolare sulle autostrade slovene. Lo trovate in dogana, in tutti i benzinai o tabaccherie della Slovenia ma potrete acquistarlo anche negli autogrill vicino al confine. Il costo per una settimana è di 15€.
Siamo diretti al Park Postojnska Jama dove visiteremo le Grotte di Postumia e il Castello di Predjama. In 5 ore arriviamo a destinazione e ad attenderci c’è un caldo pazzesco. Lasciamo la macchina all’interno del parcheggio del Parco (costo 5€ al giorno) e ci dirigiamo verso la biglietteria che si trova a pochi minuti a piedi. Sul sito del Parco leggiamo che vi è anche la possibilità di fare i biglietti online ma alla fine decidiamo di acquistarli in loco fidandoci delle numerose recensioni positive sulla velocità degli operatori di biglietteria: alla fine siamo stati premiati. Per una fila di 30 persone il tempo di attesa è stato solo di 10 minuti. Il prezzo intero per un adulto per la visita delle grotte e del castello, in alta stagione, è di 38,50€, comprensivo anche di transfer per raggiungere il castello (le altre tariffe le trovate sul sito https://www.postojnska-jama.eu/it/biglietti/). Un quarto d’ora prima dell’ingresso alle grotte, previsto per le ore 12, ci dirigiamo verso l’entrata dove veniamo smistati a seconda delle nazionalità. La quantità di gente che entrerà insieme a noi è impressionante: saremo all’incirca un centinaio. La guida ci spiegherà poi che le grotte di Postumia sono le più visitate al mondo. Vi ricordo che all’interno delle grotte vi è una temperatura costante di 10°C perciò è necessario indossare una felpa prima di entrare.
L’itinerario prevede un percorso di 3,7 km con un trenino elettrico e di 1 km a piedi. Le grotte di Postumia furono scoperte nel 1818 e aperte al pubblico l’anno successivo. Il trenino sotterraneo venne introdotto nel 1872 e rappresentò il primo esempio di ferrovia sotterranea al mondo.
Tutti a bordo, si parte! Attorno a noi si apre un nuovo misterioso mondo, quello delle grotte. Attraversiamo gallerie artificiali e naturali. Stalattiti e stalagmiti ci circondano ed è impossibile trattenere lo stupore. Giunti al termine del percorso ferroviario ci avviamo a piedi alla scoperta delle grotte. Il camminamento parte dalla cima del Monte Calvario dove la guida ci illustra l’evoluzione di questo ambiente sia dal punto di vista speleologico che storico. Ci spiega che sono necessari migliaia di anni per la formazione di queste spettacolari colonne calcaree. Dal Ponte russo raggiungiamo le Grotte belle, attraversando la Sala degli Spaghetti, chiamata così per la particolare forma delle stalattiti che impiegano 100 anni per crescere di appena 1 mm. La Sala bianca e la Sala rossa ci conducono fino alla Galleria del Brillante dove è presente il simbolo delle grotte. Lungo il percorso abbiamo l’occasione di vedere uno degli abitanti di questo mondo sotterraneo: il Proteo. Animale cavernicolo, vive nelle acque delle grotte. Si tratta di un anfibio con occhi atrofizzati, lungo circa 35 cm, che vive fino a 100 anni e che può resistere senza cibo per 10 anni. Raggiungiamo infine la Sala dei Concerti, una delle più spettacolari all’interno delle grotte: 3000 mq per 40 mt di altezza, può contenere fino a 10.000 persone e gode di un ottima acustica, tanto da essere utilizzata per eventi e concerti. Da qui si raggiunge il trenino elettrico per ritornare in superficie. Verso la fine del tratto ferroviario noterete delle pareti completamente annerite. La causa? L’esplosione di un deposito di diesel tedesco da parte dei partigiani.
Dopo il pranzo al sacco ci dirigiamo alla fermata dell’autobus (vicino alla biglietteria delle grotte) che ci condurrà al Castello di Predjama, che si trova a circa 20 minuti di distanza. Giunti a destinazione rimaniamo incantati dalla bellezza del castello e ci soffermiamo ad ammirarlo dalla terrazza panoramica: incastonato nelle rocce, rappresenta un intreccio tra elementi naturali e artificiali, una fortezza inespugnabile. In biglietteria ci forniscono l’audioguida in italiano che ci illustra, passo per passo, ogni stanza del castello: ben fatta! Interessante la leggenda di Erasmo di Predjama, il Robin Hood sloveno, che visse nel castello nel XV secolo dove si rifugiò dall’assedio dell’imperatore. Riuscì a resistere poco più di un anno. Un giorno infatti, mentre il cavaliere si recò in bagno, un servo infedele segnalò con una torcia ai nemici che potevano attaccare. Massi di pietra vennero catapultati contro la latrina provocando così la morte di Erasmo.
Durante il periodo estivo è possibile visitare anche la grotta sotto il Castello, chiusa al pubblico nei mesi invernali per permettere il letargo dei pipistrelli. Terminata la visita riprendiamo l’autobus che ci riporta a Postumia. Stanchi ma contenti ci dirigiamo al Boutique Hotel di Portorose che abbiamo prenotato con l’opzione B&B per tre notti: scelta azzeccatissima. Camera spaziosa, pulita e soprattutto con vista mare. Ceniamo alla Trattoria del Pescatore che si trova a qualche minuto a piedi dal nostro hotel. Porzioni abbondanti e ottimo pesce. Consiglio gli spaghetti allo scoglio: deliziosi!

Giornata di relax: tra Portorose e Pirano

Dedichiamo il secondo giorno di viaggio alla tintarella e al riposo. Dopo un’abbondante colazione, ci dirigiamo alla piscina dell’hotel dove ci vengono forniti asciugamani, lettini e ombrellone. Decidiamo di pranzare a Pirano, distante soltanto 3 km da Portorose. Parcheggiamo l’auto all’interno di un parcheggio a pagamento e prendiamo il bus navetta gratuito che ci conduce in centro. Fa veramente caldo e non riusciamo a goderci appieno questa graziosa località di mare. Giunti in Piazza Tartini scattiamo qualche foto di rito e ci dirigiamo in Piazza I Maggio dove pranzeremo al ristorante Delfin: fritto misto senza infamia e senza lode. Facciamo una passeggiata sul lungomare e notiamo che non ci sono spiagge attrezzate ma soltanto scogli dove stendere un telo da mare. In lontananza è ben visibile l’Italia. Esausti per il caldo eccessivo decidiamo di ritornare a Portorose per fare un tuffo in acqua e rilassarci al mare. Anche qui la maggior parte delle “spiagge” non è attrezzata: vi potrete stendere sulla banchina, su piccoli pontili o semplicemente sull’erba. Prima di cena ci rechiamo in spiaggia per vedere il tramonto: veramente molto romantico! Ceniamo alla pizzeria Rustika che, leggiamo su TripAdvisor, essere una delle migliori in zona. Assolutamente sconsigliata! Prima di recarci in albergo facciamo una breve passeggiata. Notiamo che Portorose rappresenta una destinazione turistica di rilievo per diversi target di turisti. Qui potrete trovare giovani, famiglie con bambini e anche amanti del gioco: la città infatti ospita alcuni casinò.

Lago di Bled

Alle 9:30 ci mettiamo in viaggio per raggiungere il lago di Bled che dista all’incirca 170 km da Portorose. Nella guida turistica leggo che è uno dei laghi più belli della Slovenia e che merita di essere visitato. Dopo quasi due ore di macchina arriviamo a destinazione, non prima di aver fatto una coda di 4 km per raggiungere il parcheggio libero più vicino. E’ agosto e per di più è domenica: il lago è invaso dai turisti e il tempo non è nemmeno dei migliori. Mi ero creata un’immagine mentale completamente diversa da quello che avevo di fronte a me. Il lago è affascinante ma non tanto da farci rimanere a bocca aperta. Decidiamo di percorre a piedi un tratto del sentiero che circonda il lago (lunghezza totale 6 km). Sono molte le persone che noleggiano una piccola imbarcazione o che salgono a bordo delle “Pletne”, barche tradizionali fabbricate da costruttori locali e note solamente a Bled, che permettono di raggiungere l’isola centrale o di navigare il lago. Tentiamo anche noi di noleggiare una piccola barca a remi ma la lista d’attesa è talmente lunga che avremmo dovuto prenotarla il giorno prima per poterne usufruire. Peccato, sarebbe stato molto bello raggiungere l’isola che ospita la chiesa gotica di S. Maria Assunta. Giunti all’incirca a metà del lago c’è un pontile dove ragazzi e adulti si tuffano per fare un bagno. Un po’ sconfortati torniamo indietro e ci fermiamo a pranzare all’Ostarija Babji zob dove mangiamo due primi e la Bled cake (Kremna Rezina): una vera bomba calorica! Due strati di pasta sfoglia racchiudono un ripieno a base di crema pasticcera sormontata da panna montata. Il tutto cosparso da zucchero a velo. Avevo messo in programma anche la visita al Castello di Bled e alla gola del Vintgar ma alla fine abbiamo optato per il ritorno a Portorose: avremmo altre occasioni per vedere questa regione della Slovenia e le meraviglie che ospita. Arrivati in hotel facciamo un tuffo in piscina e poi ceniamo al ristorante Porto Konoba dove sia servizio che cibo sono ottimi!
La nostra esperienza slovena termina qua. E’ stata una vacanza breve ma intensa. Sicuramente torneremo per visitare altre zone di questa stupenda destinazione turistica.

Trieste: alla scoperta dei musei scientifici

E’ il giorno della partenza. Lungo la strada del ritorno decidiamo di fermarci a Trieste, che dista solo 20 minuti da Portorose. Dedichiamo la mattinata alla scoperta del Civico Orto Botanico: veramente molto carino e ben curato, diviso in diverse aree tematiche ognuna descritta in maniera esaustiva. Consultando le brochure forniteci dal personale dell’Orto, veniamo a conoscenza della presenza di numerosi musei scientifici che decidiamo di visitare. Prima di pranzare ci rechiamo all’Aquario Marino della città di Trieste. “L’Aquario” propriamente detto si sviluppa al piano terra dove sono presenti una trentina di vasche di diverse dimensioni. Al primo piano invece è presente il Vivarium, dove vi sono numerose specie di anfibi, rettili con particolare riguardo alla fauna del Friuli Venezia Giulia. Pranziamo alla Trattoria Alla Vecia Pescheria con due buonissimi risotti ai frutti di mare. Sazi e felici, ci dirigiamo in macchina al Museo di Storia Naturale e ci restiamo per ben due ore! Davvero interessante poiché ospita al suo interno tre pezzi unici al mondo: lo squalo Carlotta, il più grande squalo bianco al mondo conservato in un museo, il dinosauro Antonio, il più completo in Europa e l’unico della sua specie nel mondo, e la mandibola di Lonche, primo esempio di otturazione dentale della storia dell’uomo. Inoltre lungo il percorso troverete collezioni di botanica, zoologia, mineralogia, geologia e paleontologia.
Si è fatto tardi, il museo sta per chiudere. Ci avviamo verso la macchina e purtroppo è ora di tornare a casa. Il nostro non è un addio a Trieste ma un arrivederci!

La rocca di Maiolo: un tesoro immerso nell’entroterra riminese

Situata a quaranta chilometri dal mare, immersa nella valle del fiume Marecchia, si trova la rupe di Maiolo, alla cui sommità sono presenti i resti dell’antica rocca. Il territorio dell’entroterra riminese presenta una conformazione geologica e geomorfologica particolare: i terreni sono prevalentemente argillosi e nella valle sono presenti numerosi rilievi di piccole e medie dimensioni. Tra questi appunto vi è quello di Maiolo, il quale è formato nella sua parte più alta dalle arenarie e dai conglomerati del Pliocene Inferiore, mentre nella parte bassa da Argille Varicolori della colata della Valmarecchia.

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La rocca di Maiolo

L’origine della parola Majolum è classica ma il suo significato non è certo: si pensa possa derivare dal comparativo maior/maius, ma che possa avere anche significati legati a insediamenti antichi non ancora conosciuti. Non esistono documentazioni storiche che attestino con precisione l’anno di costruzione del castrum e della rocca.
Oggigiorno capita spesso di sentir parlare indistintamente di rocca di Maiolo o di Maioletto quando in realtà fonti documentarie dimostrano che sino agli inizi del XIV secolo figuravano come due distinti castelli, fino a quando Maiolo incorporò quest’ultimo. Entrambi di proprietà di Donato di Gubbio, furono ceduti a Faggiola di Casteldelci alla fine del XIII secolo e rimasero un suo dominio fino alla metà del 1300. Successivamente la proprietà passò al vescovo di Montefeltro e un documento dell’epoca ne descrive le caratteristiche:

Il castello di Maiolo sta sopra un altissimo scoglio, circondato da grandi rupi: sulla vetta c’è una rocca fortissima, alle pendici i borghi. Vi fa stanza alla difesa un castellano per il vescovo di Montefeltro, e vi tiene residenza il suo vicario, che amministra la giustizia criminale e civile agli uomini del territorio. Il luogo sta sopra il fiume Marecchia, non lontano dalla strada per la quale si va in Toscana, e ha 48 fuochi[1].

In seguito ad accesi scontri, nella prima metà del XV secolo, il dominio del castello passò dai Montefeltro ai Malatesta di Rimini. Successivamente l’egemonia del borgo fu conquistata dai duchi di Urbino che lo inglobarono all’interno del loro ducato.
Nel ‘500 Maiolo figurava come uno dei sistemi fortificati più rilevanti del Montefeltro e qui si insediava una delle più rinomate milizie militari, grazie alla quale si ottenne un notevole sviluppo dell’economia locale. Tale crescita si arrestò con l’instaurarsi di una lunga fase di pace, tra l’ultimo periodo ducale e quello dello stato pontificio: è per tale ragione, oltre che a causa della frana che colpì Maiolo nel maggio del 1700, che iniziò il declino della città. Legata al tragico evento è la leggenda del “ballo angelico”. Questa narra della consuetudine di alcuni abitanti di Maiolo a partecipare a feste notturne, nelle quali era costume ballare e cantare nudi nelle stanze del castello. Una notte però apparve ai partecipanti un angelo che li avvertì che se questo rituale non fosse cessato avrebbero scatenato l’ira divina, causando un terribile danno per la città. Non curanti dell’ammonimento angelico i festeggiamenti proseguirono causando la formazione di un fulmine che spaccò il monte, distruggendo la rocca e il borgo [2].
Un secolo più tardi, nelle mappe napoleoniche non vi era alcuna testimonianza della rocca e dei pochi edifici rimasti. Questo era frutto della mancanza di interesse rispetto a questo complesso, che si è sviluppata a partire dal 1800 e che si è protratta sino ad oggi.

Qualche mese fa ho avuto l’occasione di percorre uno dei due itinerari che conduce alla rocca di Maiolo insieme al mio compagno di avventure Andrea ed è stata una bellissima esperienza. Qui di seguito vi riporto le tappe fondamentali sperando di invogliarvi a compiere quest’avventura.

Raggiunto il borgo di Maiolo, in località Sant’Apollinare, ha inizio il percorso pedonale per raggiungere l’antica rocca. È facile sin da subito scorgere in lontananza la rupe alla cui sommità sono presenti i resti del fortilizio.

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Lungo il tragitto si notano i segni dei continui movimenti franosi e a lato del sentiero sono evidenti i calanchi, che rendono il paesaggio unico e spettacolare. Avvicinandosi alla rupe è possibile scorgere un cippo che, oltre ad uno stemma comunale e una riproduzione stilizzata dell’antico maniero, descrive brevemente ciò che accadde il 30 maggio 1700 quando una frana travolse il borgo e uccise gran parte delle persone.

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In prossimità della rupe si scorge la presenza di uno dei pochi edifici rimasti intatti dopo la rovinosa frana del XVIII secolo: la chiesetta di San Rocco. Al suo interno è conservato un affresco del 1500 raffigurante la Madonna con bambino ma sfortunatamente non è possibile accedere alla struttura. Questo luogo rappresenta il punto di incontro per numerosi scalatori.

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A questo punto l’itinerario prosegue all’interno della parte boscata, fiancheggiando enormi massi di roccia e non molto distante dalla chiesa, per poter proseguire, è necessario l’ausilio di una scala. Una volta saliti si scorgono alcuni resti del vecchio borgo travolto dalla frana. Di qui il sentiero si fa ripido e complesso ed è necessario l’ausilio di corde per poter raggiungere la sommità della rupe dove è conservata la rocca. Una volta giunti in vetta, passando attraverso il torrione 1, è possibile entrare dentro il fortilizio.
Il panorama è mozzafiato: da un lato San Leo con la sua rocca, dall’altro Novafeltria e infine gli imponenti calanchi tipici di questa zona franosa.

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[1] V. Dini, La fame in testa – Studi Montefeltriani, 1999

[2] Comune di Maiolo – http://www.comune.maiolo.rn.it/